Animazione

PORCO ROSSO

Titolo OriginaleKurenai no buta
NazioneGiappone
Anno Produzione1992
Durata94’
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Italia, 1929: un pilota con il volto di un maiale fa il cacciatore di taglie ai danni dei pirati dell’aria. Questi ultimi ingaggiano un asso dell’aviazione statunitense per abbatterlo.

RECENSIONI

Nata come mediometraggio per i voli di linea giapponesi, ispirata al suo manga “The Age of the Flying Boat” (pubblicato sulla rivista Model Graphix), l’opera è la più atipica nella filmografia di Miyazaki (se si esclude l’esordio “su commissione” di Lupin III): un protagonista maschile, un preciso periodo storico di riferimento, il proscenio regalato a due grandi amori, i velivoli e l’Italia (che non l’ha ricambiato, distribuendo il film solo 18 anni dopo). Spettacolari sequenze in volo (la migliore, per le sue acrobazie, è quella che decolla sui navigli), l’immanenza del mondo spirituale relegata in una misteriosa (e non risolta) maledizione in odor di Scala al Paradiso, un racconto che si occlude in un duello da Il Barone Rosso. Bisogna spostare lo sguardo sui dettagli, che trasudano passione fra reinvenzioni meccaniche (bellissimi i velivoli “retrattili” lanciati dalla nave-crociera), citazioni autobiografiche e geo-storico-politiche. È magnifica, ad esempio, la ricostruzione ambientale, toglie il fiato lo studio cromatico, mentre il nome di Marco Pagot dato al “porco rosso” omaggia lo studio italiano che commissionò a Miyazaki la serie “Il fiuto di Sherlock Holmes”, e l’allusione “comunista” svela le sue carte quando il protagonista dichiara “Meglio maiale che fascista”. Tocchi accorati deliziosi (l’amore per la cantante è più forte dell’odio per Porco Rosso: vedi la scena nella locanda), passi spassosi (le quindici bambine rapite, i pirati “Mamma mia”, stile Laputa il Castello nel Cielo), ma Miyazaki con l’universo maschile è poco in sintonia e non lo nasconde (Gina: “Voi uomini siete così stupidi, per questo vi amo”): per dare corpo al porco, infatti, cerca ispirazione altrove, donandogli la gestualità, l’ironia (grassa e contagiosa risata a parte), la durezza dal buon cuore (solitario) del tipico personaggio di Humphrey Bogart (mentre per il suo avversario pare rifarsi a Errol Flynn). Le sfaccettature e la forza dei sentimenti che fanno grande il tratteggio dei caratteri nel suo cinema sono da rinvenire nelle figure secondarie (femminili): la cantante “noir”, risoluta, dolce e affascinante; la giovane meccanica, pazzerella e piena di vita. I maschi non sono che bambini (il buffo duello finale), al limite eroi che rifiutano l’Amore, o attori.