Giallo, Recensione, Thriller

LO SPARVIERO DI LONDRA

Titolo OriginaleLured
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1947
Durata102'

TRAMA

Nella Londra di inizio secolo Scotland Yard ingaggia una ballerina per poter catturare il famigerato poeta-assassino, un omicida seriale che sceglie giovani e belle ragazze come sue vittime adescandole tramite annunci rosa sui giornali.

RECENSIONI

Noir dal fascino piuttosto tiepido questo Lured (il titolo italiano si lancia per l’ennesima volta in un mal riuscito tentativo di riecheggiare le atmosfere del thriller anglosassone) diretto dal tedesco-danese Douglas Sirk prima di consacrarsi al genere che gli ha conferito la giusta celebrità (Come le foglie al vento, Lo specchio della vita, Il trapezio della vita etc.), che a distanza di pochi anni rifà il ben più sconvolgente L’imboscata di Siodmak, il quale in quel 1946 inanellava due perle “nere” di rara bellezza: Lo specchio scuro e La scala a chiocciola. La pellicola si (di)mostra subito debitrice delle magiche, spettrali suggestioni chiaroscurali siodmakiane: nell’insistito e monotematico, ma non per questo così schematicamente superficiale, gioco di contrasti di luce (le rutilanti inquadrature dell’eroe byroniano Fleming sono contrappuntate connotativamente dall’oscurità baudelairianamente sinistra del suo occhialuto socio in affari Wilde) emerge il tema della contrapposizione dei ruoli sociali determinati dal successo professionale (l’affarista Fleming è bello, estroverso, brillante e conquistatore, Wilde è relegato sempre ai margini, quasi un’ombra inquietante e morbosa di quella solarità). Il tessuto narrativo abbastanza scontato si concentra solo sul finale in crescendo (sulle convulse note musicali di Michelet) sulla figura luciferina di Julien Wilde quando sul crinale di evidenti turbe psichiche prende corpo il disagio esistenziale generato dalla sua posizione subalterna nei confronti di Fleming. Lo sfavillio degli occhi di Lucille Ball nella lurida notturnità della fotografia di William Daniels e il girotondo di sospetti attorno a una suggestiva galleria di personaggi (notevole, come sempre, la maschera di Boris Karloff nei panni del folle sarto Charles van Druten, ossessionato dalla disonestà della concorrenza) non sollevano il livello del film da una mediocrità di fondo.