TRAMA
Primo capitolo di una trilogia dedicata alla rivoluzione messicana. Il Colonnello Carrasco, alcolista, viene lasciato dalla moglie che porta via con sé il figlio…
RECENSIONI
Alla sua 48esima edizione, Il New York Film Festival celebra il centenario della rivoluzione messicana con la trilogia di Fernando De Fuentes, regista di statura mondiale, paragonato da A.O. Scott a John Ford per il realismo e la comprensione dello spirito umano. Il primo capitolo della trilogia, El Prisonero 13 racconta la storia del Colonnello Carrasco, cinico ufficiale di carriera e bevitore incallito. Abbandonato dalla moglie e dal figlioletto in tenerissima età, Carrasco vive eseguendo gli ordini ed amministrando la giustizia in modo sommario, concentrandosi innanzitutto sul tornaconto personale. Allo scoppio della rivoluzione, Carrasco si ritrova al comando della prigione riservata ai pericolosi prigionieri politici. In seguito ad una stangata che si conclude con l’arresto di una cellula di rivoluzionari, una famiglia facoltosa propone al Colonnello uno scambio infamante ma vantaggioso: molto denaro, e possibilmente favori sessuali in cambio della vita di un prigioniero. Carrasco, spinto da un amico e confidente dalla dubbia moralità, accetta di farsi corrompere e libera il giovane Felipe Martinez. Il governatore però ordina che tutti i prigionieri politici vengano fucilati all’alba, e Carrasco si ritrova costretto ad arrestare un innocente qualsiasi che prenda il posto di Martinez davanti al plotone di esecuzione. Disgraziatamente, il caso sceglie proprio il figlio del Colonnello, ormai cresciuto e diventato un aitante giovanotto. Un disperato tentativo di salvargli la vita da parte della madre e della fidanzata farà riflettere Carrasco sulla propria esistenza, ed un finale a sorpresa gli farà capire che forse non tutto è irrimediabilmente perduto.
Alla sua seconda prova registica, con El Prisonero 13, De Fuentes attirò l’attenzione indesiderata della censura, che minacciò di bloccare l’uscita del film per il ritratto negativo che offriva di un ufficiale dell’esercito messicano. Fu l’enorme successo di critica a garantirne l’eventuale uscita nelle sale. Principalmente una storia morale che oscilla nel tono dal dramma familiare al film militare, con qualche tocco umoristico grottesco e amaro, El Prisonero 13 si fregia di alcuni tratti stilistici estremamente interessanti e inaspettati. La costruzione della suspense prima e durante la scena dell’esecuzione, vero momento cardine della pellicola, è impeccabile, per quanto lento possa essere il ritmo. La fucilazione stessa, poi, è tratteggiata da due carrellate opposte, quasi speculari, semplici ed efficaci, nel silenzio totale della colonna sonora. Impossibile non trattenere il fiato, ed impossibile non commuoversi di fronte a questa celebrazione accorata della prima rivoluzione moderna, salutata con orgoglio dal grido di un condannato: ¡Viva la Revolución! Completano la trilogia El Compadre Mendoza (1934), il più riuscito dei tre film, oggi considerato uno dei grandi classici del cinema messicano, e Vámonos con Pancho Villa! (1936). Quest’ultimo, la prima super produzione dell’America latina, non raccolse il successo sperato, in quanto il pubblico preferì la commedia musicale romantica Allé en el Rancho Grande (1936), diretta dallo stesso De Fuentes, alle recenti storie rivoluzionarie.
