CARTOLINA DALLA BERLINALE 72/ OZON RIVISITA FASSBINDER

Ozon torna ancora una volta a Fassbinder, dopo Gocce d’acqua su pietre roventi e Quand la peur dévore l’âme, cortometraggio in cui, confrontando Secondo amore di Douglas Sirk e la rilettura che ne aveva dato il tedesco, creava una terza opera ibrida. Peter Von Kant si colloca su un piano simile, essendo anch’esso il frutto di una contaminazione teorica: la rivisitazione di Le lacrime amare di Petra Von Kant come ennesimo esercizio di scherzosa cineteatralità, pastiche cucinato a suon di genderswap, disperazione virata in commedia e altri strategici ribaltamenti. Il francese, appropriandosi del testo, non vuole rifare Fassbinder: ne riduce l’immaginario cinematografico a manifesta maniera e, alterandone il tono, lo usa per tracciare un ritratto ironico e affettuoso dell’autore tedesco (Peter, il protagonista, non è altri che Rainer Werner). Di più: fa di questa impertinenza un omaggio che racconta di riflesso del suo lavoro, delle sue ossessioni di regista. E, allo stesso modo – lievemente autoparodico ed eminentemente cinefilo – usa Isabelle Adjani, l’ultima diva francese. Nessun sacrilegio insomma, solo sanissimo feticismo che ha nella presenza di Hanna Shygulla, musa fassbinderiana, una sorta di legittimazione.