Fantascienza, Recensione

STARGATE

Titolo OriginaleStargate
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1994
Durata95'

TRAMA

Egitto, 1928: vengono rinvenuti strani monili e geroglifici. Nel 1994 un archeologo scopre che segnalano una “porta delle stelle” per raggiungere un altro pianeta.

RECENSIONI

Torna la fantascienza di serie "A" (ma solo per consistenza del budget: circa 55 milioni di dollari) e con essa il kolossal con scene di massa, grazie alla trama in cui Emmerich e Dean Devlin uniscono fantasy ed egittologia. Purtroppo i limiti del team tedesco/americano si ripresentano puntuali, fra scarsa originalità, inesistente spessore psicologico, diegesi semplicistica e artigianato mediocre, colpevole delle grossolanità a seguire: lo scienziato che riesce ad interpretare i geroglifici come se stesse leggendo un fumetto, i primitivi che imparano subito ad usare le armi automatiche (senza aver mai visto sparare), gli "alieni" che, incredibilmente, si rendono vulnerabili scendendo dalle loro navi supersoniche, il troppo tardivo colpo di scena che rivela il trasporto a distanza dell’ascensore. È difficile, per gli amanti del genere, non rimanere incantati di fronte alla componente meravigliosa insita nel plot e nel coacervo d’effetti speciali (nulla di nuovo, se si esclude l'idea delle maschere egiziane), non essere sedotti da quell'elemento onirico e chimerico che si fa reale grazie ad una stupefacente macchina dei sogni (il cinema fantastico). Il marchio di fabbrica, però, è solo una copia carbone della poetica di Steven Spielberg e George Lucas, fra abituali meccanismi di pathos, spettacolo per famiglie, violini solenni (alla John Williams), comicità bontempona e contenuti edificanti (“Non cercare la Morte ma la Vita, e ritroverai il figlio perduto”). La bella e il primo approccio con lo straniero, il popolo oppresso che si ribella (e il pubblico di riferimento che si identifica), i selvaggi e l’equivoco sul semidio (qui si perde l’occasione di un’intrigante allegoria della ragione che rinnega la componente magica), il villain inclemente (interpretato da Jaye-La Moglie del Soldato-Davidson: che fascino androgino!): tutto funziona per transfert, già visionato sotto mani migliori, in un giocattolo che accumula sicurezze di mercato senza osare mai.