Drammatico, Proibiti

MAMMOTH

Titolo OriginaleMammoth
NazioneSvezia/ Danimarca/ Germania
Anno Produzione2009
Durata125'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

[Film non uscito nelle sale italiane] Leo e Ellen sono felici nel loro lussuoso appartamento newyorkese. La filippina Gloria accudisce la loro figlia. Quando Leo parte per la Thailandia…

RECENSIONI


Una famiglia apparentemente felice si scopre, attraverso esperienze diverse e contemporanee, in forte crisi di identità in un mondo fintamente moderno e avanzato in cui nessuno riesce, per destino o incapacità, ad essere davvero vicino a chi ama. Lui e Lei sono stritolati dal benessere, da lavori totalizzanti che li portano a contatti sporadici con la figlia; quest’ultima si lega alla bambinaia filippina che a sua volta lavora negli Stati Uniti per dare una vita migliore a due figli che sono rimasti in patria.
Tre mondi differenti, anche narrativamente, si mettono allora in scena: a New York Ellen, chirurgo, cerca di salvare la vita a un bambino accoltellato dalla madre; a Bangkok il marito Leo, che deve concludere affari milionari e scansa occasioni di divertimento e sesso a pagamento, rimettendosi in discussione, lascia il sontuoso albergo che gli crea disagio e raggiunge una località lontana e un semplice bungalow; a Manila i bambini di Gloria patiscono l’assenza della madre e Salvador, il più grande, cercando un lavoro per favorire il ritorno materno, incappa nel laido violentatore.
La crisi di Leo, stanco di una vita che non riesce più a controllare, si concretizza in una breve parentesi di riflessione e anonimato, da turista squattrinato, incrociando anche l’avventura con una prostituta colpita dalla sua dolcezza; Ellen si scopre ignorata dalla figlia e sonda con orrore il proprio vuoto esistenziale; Gloria, non appena sa della disavventura del figlio, molla il lavoro e si precipita al capezzale di questi, in preda a un grande rimorso.


Lo spazio tra tre luoghi lontani viene coperto da connessioni sentimentali, virtuali e telematiche (del resto il canto d’amore delle balene si ode fino a sessanta miglia…); è proprio la distanza tra i personaggi che segna le loro storie secondo una geometria variabile: essi risultano lontani geograficamente, economicamente, socialmente, affettivamente, ma il dipanarsi contemporaneo delle loro vicende in diversi punti del globo risulta saldamente collegato e quasi matematicamente consequenziale. Il film, in questo ricorda molto (troppo?) Babel di Iñárritu e in effetti Mammoth risulta segnato dalla stessa amara ironia fatale, da una concatenazione di storie, mancanze e impotenze che scatenano una serie di reazioni di causa ed effetto: la vita è una tragica burla se ciascuna delle madri risulta vicina al figlio di un altro (Ellen al piccolo accoltellato, la bambinaia Gloria a Jackie, Salvador e il fratellino sono affidati alla nonna, anche la figlia della prostituta thailandese è lontana dalla mamma); se hai moltissimi soldi, ma non riesci a vivere la vita cui ambiresti; se la violenza si scatena più facilmente su chi è più indifeso; se hai un frigo che trabocca di cibo ma non trovi l’occasione per mangiarlo; se Gloria, per regalarlo al figlio, compra a New York un pallone da basket made in Philippines; se dopo tutti i buoni propositi (cambiare sul serio, coltivare di più gli affetti, fare del volontariato) la preoccupazione principale della coppia riunita è cercare una nuova nanny per la loro piccola (una chiusa significativa che dice dell’automatismo a cui la nostra società è soggetta, in cui le buone intenzioni sono esercizi psicologici fini a se stessi, buoni per mettere il morso alla coscienza). Cosa rimarrà di tutto questo vano dibattersi? I nostri resti, come quelli del mammuth del titolo, costituiranno materiale di pregio di una penna da tremila dollari che viene rivenduta come paccottiglia per una cifra ridicola?


Il film, pur nella chiarezza dell’intento espositivo, conserva una discreta tensione drammatica fino alla fine, tiene coerentemente le fila di tutte le storie, giocando con scioltezza sui raccordi e gli echi, non squilibrando mai la scrittura, anzi mantenendola accortamente al di sotto dell’avvitamento vertiginoso. La volontà di dare conto della disgregazione e contraddizione del vivere contemporaneo, alternando e mescolando minimalismo e massimalismo, trova misurata espressione, Moodysson, anche sceneggiatore, predilige un uso continuo, ma non vistoso, della handycam  e, complici i bravi interpreti, ci consegna un saggio di lirismo un po’ troppo studiato, ma di sostanza sufficientemente desolante.  
Prodotto dalla Zentropa.