Commedia, Recensione

FULL MONTY

Titolo OriginaleThe Full Monty
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1997
Genere
Durata98'

TRAMA

Sei disoccupati di Sheffield organizzano uno spettacolo di spogliarello maschile: dopo innumerevoli contrattempi ed amarezze, sarà trionfo.

RECENSIONI

Torna il cinema proletario inglese: o forse no. Le premesse ci sarebbero tutte: cittadina inglese molto dickensiana, arrugginita e brumosa, dove tra squallidi pub e industrie abbandonate ("grazie, signora Thatcher") si muovono i nostri eroi di tutti i giorni (fra cui un habitué del genere, Robert Carlyle), alle prese con occupazioni più che precarie e problemi familiari a grappoli. Ma (per una volta tanto, e per fortuna) siamo lontani da Loach, se non altro perché, fin dalle prime scene, i personaggi ci vengono descritti non come vittime del sistema (probabilmente lo sono, ma questa è una questione appena accennata), ma come simpatiche canaglie perfettamente in grado di arrangiarsi: significativo il fatto che, la prima volta che li vediamo, Gaz e Dave non siano alle prese con un'attività particolarmente limpida e/o impegnata in senso politico. In realtà i protagonisti vengono caratterizzati come appartenenti non tanto ad una classe sociale, quanto ad una "specie protetta": gli uomini. A parte le abbondanti dosi di misoginia presenti nei dialoghi ("il grasso è un problema femminista"), appare evidente che maschi e femmine non parlano lo stesso linguaggio: esemplare la sequenza in cui Dave, guardando "Flashdance", commenta l'inettitudine di Jennifer Beals come saldatrice. La preparazione dello spettacolo porterà i sei maschietti a rivalutare caratteristiche tradizionalmente collegate alla categoria del femminile, vale a dire la capacità di ballare (vedi "In & Out") e soprattutto di sedurre, e finiranno con lo scoprire aspetti in precedenza trascurati della propria vita, sia nei rapporti con gli altri sia nella percezione di sé. Lo spettacolo di strip è l'occasione di un confronto diretto con l'altro sesso (in ultima analisi, con la vita) che si può vincere solo arrendendosi, mettendosi " a nudo" con humour e negoziando una tregua ragionevolmente soddisfacente, sancita dalla rumorosa approvazione del pubblico. Del resto tutto il film è concepito come un singolo, esilarante atto di seduzione lungo un'ora e mezza, articolato come una composizione musicale: dopo il prologo "adagio ma non troppo", già contrassegnato da tocchi esilaranti (la sequenza nella scuola di tango), un crescendo comico inarrestabile sfocia nell'inquadratura finale, risolta attraverso un nudo quanto meno liberatorio. Ammiccante, non di rado ruffiano, nonostante le apparenze tutt'altro che scontato, "Full Monty" si avvale di una ricchissima colonna musicale, in cui alcuni dei più grandi successi del genere "musica da strip" si affiancano alla sobria partitura di Anne Dudley, e di interpreti perfetti, soprattutto perché in grado di non scadere nella volgarità gratuita, o, peggio ancora, nella melassa.

Buffo manifesto dei disoccupati di tutta Europa e bandiera di rivalsa dell'uomo moderno scavalcato dal femminino che, come dice uno dei protagonisti, ha cominciato a "pisciare come noi". Risposta provocatoria dei "brutti e sfigati", accantonati nel lavoro, nell'autostima, in famiglia, nell’affidamento dei figli, divorziati, eterni bambini al mondo dei vincenti in carriera e nei rapporti affettivi: inevitabile la simpatia nei loro confronti in quest'opera prodotta da Uberto Pasolini che, da Palookaville, sta tentando di innestare la commedia all'italiana nell'umorismo inglese (dirige Peter Cattaneo, di origini comasche). Irresistibile quando mostra i goffi amiconi intenti a scimmiottare le epiche e sensuali movenze di uno spogliarello, sulle note della "disco" anni settanta (Hot Chocolate, Donna Summer); da antologia la gag del ballo in sincrono nell'ufficio pubblico e la coreografia vestiti da poliziotti alla Village People nello striptease finale, che è un atto esilarante, catartico, in cui c'è completa identificazione con il pubblico che applaude e incita gli eroi, quasi a lodarli per il coraggio di aver superato le titubanze, i complessi a proposito del proprio corpo e del proprio ruolo sociale e le differenze di genere. Per il resto la pellicola gioca ad accostare (e "liberare") la disperazione e la tenerezza con situazioni grottesche e "imbarazzanti". Viene buttata troppa carne al fuoco (il rapporto omosessuale, le difficoltà di relazione padre/figlio, il complesso dell'obeso), ma il tutto è abile per come opera uno strip "lento", in virtù del tanto sospirato show finale con "full monty", vale a dire "servizio completo", espressione gergale che si riferisce alla colazione completa inglese, in onore del generale Montgomery. Le "prove" vengono effettuate con l'ausilio del nastro di Flashdance, i passi s'insegnano con le tattiche calcistiche dell'Arsenal!