TRAMA
Jin-Ah si prostituisce al Birdcage Inn; viene sfruttata dalla perversa clientela e disprezzata dalla figlia della proprietaria.
RECENSIONI
Speculare al pesciolino che si dibatte sulla sabbia (lei sul bagnasciuga sorpresa dalla spuma) e poi riprende la propria vita (l’entrata alla locanda) solo per finire in un acquario maggiore (le sbarre del Birdcage – nome ed allusione), così la protagonista: Sei stata in prigione?, le chiederà il suo ragazzo. Molto peggio: l’abuso del corpo/oggetto è ricorrenza di questo film ma in apertura il placido moto di una tartaruga ricorda, con estrema levità, che ogni pena può trovare la sua quiete. Il Kim più ottimista e conciliatorio non risparmia un torvo percorso di desolazione: il contrasto dei caratteri (la santa e la prostituta: una vende il corpo, l’altra sogna le nozze) si incontra con l’ascendente TEOREMA domestico sino allo sconvolgimento di equilibri (sessuali) altrui, immortalato con caustica ironia (uno zip maschile trascurato). E’ la sua figura – una Yi Ji-Eun di sublime intensità – a sorreggere il film con una grazia violata: nonostante il reticolo umano vicino al canovaccio (la galleria di clienti) il dualismo emotivo (l’arte ed il commercio del corpo, conciliatisi in Schiele) è abile a colorare di delicate sfumature lo splendido sorriso; l’uccellino non volerà via dalla gabbia ma conoscerà appena un contatto con i propri simili (prima distanti), ritrovandosi a contemplare un pesce rosso ed essere ricambiata. In contropiede sulla poetica disperazione delle opere precedenti, contro la tendenza che vuole i primi lavori più estremi e cruenti, in BIRDCAGE dal vetro incrinato dell’animo penetra un raggio di sole.
