Drammatico

WILD ANIMALS

Titolo OriginaleYasaeng dongmul bohoguyeog
NazioneCorea del Sud
Anno Produzione1997
Durata105'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Parigi. Chun-Hae, sud coreano, vive di piccoli furti; Hong-San, esule nord coreano, raggiunge la capitale. Si conoscono, si scontrano, diventano amici, entrano nella malavita; ognuno è innamorato di una donna irraggiungibile.

RECENSIONI


L’opera seconda non ripete l’alchimia di CROCODILE, pur bissandone la sequenza subacquea (declinata al maschile); da un pretesto semi-politico – la dura vita dell’emigrante – l’autore non si abbandona alla mise en scene gratuita e personale ma la appesantisce con personaggi manierati, l’amicizia virile che annega nel consueto affare mafioso, un intrigo di destini che si avvita su sé stesso per finire in tragedia. Kim applica una formula: seppur bisbigliando le amate ossessioni, dalla donna-statua (prima scena di FERRO 3) al voyeurismo da peep-show (BAD GUY), questa storia d’ordinaria violenza è una costola di HANA-BI nel senso che amplifica ogni influenza dell’esordio (l’omicidio della bionda, dalla modalità squisitamente kitanesca, come prova schiacciante). Il film pianta radici nel placido schema (l’amore/odio dei protagonisti), paradossalmente senza sussulti, imbrigliato da un casting controverso: se gli attori coreani sostengono il dualismo dell’opera (un ghigno ironico, una smorfia disperata), i francesi sono materiale da imballaggio, limitandosi la sceneggiatura a riproporre l’archetipo del “capo” e gli “scagnozzi” per una mafia mai tanto fumettistica.


Dati i presupposti della stroncatura, l’autore vede sprazzi di luce anche nello stagno melmoso di una prova minore; se WILD non si affranca dalle pastoie di una trama scontata, l’impeto visivo disegna un quadro toccante sin dalla prima scena (l’intreccio delle mani), passando per la rappresentazione cristallizzata della condizione femminile (una statua umana protesa al cielo) sino ad affogare in un rigagnolo d’acqua rossastra. Abbarbicato sulla singola trovata (il pennello di sangue), ostentando spudoratamente l’estro rappresentativo senza porvi giustificazione logica, è un film che vive delle proprie (larghe) imperfezioni, esteriormente frigido ma intimamente stimolante. Una dimessa trasferta francese per il peggiorerisultato di Kim Ki-Duk (si fa per dire).