TRAMA
XVII secolo: la nobile O-Haru viene espulsa a causa della sua relazione con un servo. Diventa la concubina di un feudatario, ma viene presto allontanata dalla gelosia della moglie di quest’ultimo.
RECENSIONI
In vetrina alla Mostra di Venezia, rivelò all’occidente il talento di Mizoguchi, devoto ai ritratti femminili e alle accurate ricostruzioni storiche. Tratto dal romanzo “La vita di una mondana” (1686) di Ihara Saikaku, è un racconto sconsolato ed avvilente che, più che per il genere (molto melodrammatico, con sottolineature sentimentaliste) o la forma (Mizoguchi, fra alcuni sguardi “pittorici”, predilige il passo lasco e la contemplazione nei piani sequenza), si fa apprezzare per il tocco polemico che, attraverso il dramma individuale, denuncia con ampio spettro la condizione femminile in quella particolare società patriarcale, ricorrendo a simbolismi, al realismo dei sentimenti, finanche alle forzature di una narrazione sempre più spietata ed emblematica.
Lo scotto da pagare alla foga di inveire trova toni effettistici che accumulano scene madri in un manto di patetico lirismo: la parte iniziale, ove il flashback dell'anziana protagonista tarda a venire, ad esempio, ha una sua giustificazione etico-estetica, nel momento in cui Mizoguchi non vuole forzare la donna ai brutti ricordi. In seguito gli indugi della pellicola paiono più compiaciuti e indecisi fra moralità e moralismo.
Impossibile, però, non essere travolti dal doloroso vigore dell’opera, dalle sventure che si abbattono sulla povera protagonista (separata dall’innamorato e dai figli; piegata da etichette sociali brutali; sottomessa al padre che la sfrutta per il proprio prestigio sociale e poi, per venalità, la prostituisce; ipocritamente evitata in pubblico dagli stessi uomini che la frequentano come meretrice), dall’implacabile susseguirsi di ingiustizie in cui l’essere umano è descritto con cinismo (il servo che elenca le qualità della donna ideale al padrone; la moglie gelosa che taglia violentemente i capelli della rivale; la beffa d’essere additate come esempio di decadenza fisica dai pellegrini), dalla claustrofobia esistenziale che non lascia via d’uscita alcuna alla purezza, all’idealismo, alla gentilezza, all’onestà…ad O-Haru, santa o puttana che sia. Cancellate ogni speranza terrena voi che aspirate a vivere con spirito lieve!