Iran 2001, un giornalista di Teheran si tuffa nei sobborghi più malfamati della città santa di Mashhad per indagare su una serie di femminicidi. Si renderà presto conto che le autorità locali non hanno fretta di vedere risolto il caso. Questi crimini sarebbero opera di un solo uomo, che pretende di purificare la città dai suoi peccati, attaccando di notte le prostitute.
Ali Abbasi dal Certain Regard – nel quale aveva trionfato nel 2018 col disturbante Border – fa il salto in competizione ufficiale. E ancora una volta disorienta con la storia vera di Saeed Hanaei, il serial killer iraniano che, all’inizio degli anni zero, uccise sedici prostitute per purificare la città dal peccato: insospettabile (un modesto operaio, sposato con un figlio), Saeed, fingendosi un cliente, attirava le donne come un ragno nella sua trappola, mentre la sua famiglia era in assente per pregare, per poi strangolarle durante il rapporto sessuale. I corpi delle vittime venivano poi lasciati ai bordi delle strade o nelle fogne a cielo aperto avvolte nel chador.
Variando i punti di vista – si passa da quello dell’assassino a quello della giornalista che, investigando sugli accadimenti, si scontra con i pregiudizi e le resistenze di una società patriarcale gioca sulle dinamiche di genere, ma senza abbandonare mai l’approccio realistico. Di più: posto un finale che dice con linguaggio agghiacciante del fanatismo religioso e della misoginia radicati in una società (e in cui, in maniera teorica – ma non irrealistica – si insinua che l’assassino abbia fornito alle generazioni future un terrificante manuale di istruzioni), rifonda il territorio del visibile in una storia iraniana: sesso orale, violenza efferata, assunzione di droga davanti a una moschea, scene di un esplicito mai registrato che costituiscono il punto politico (e polemico) del film, non a caso diretto da un regista iraniano rifugiato in Europa (il tournage è avvenuto in Giordania).
E interpretato da Zahra Amir Ebrahimi (premio per la sua interpretazione a Cannes), attrice famosissima in Iran, che ha scelto l’esilio a seguito di una campagna diffamatoria sulla sua vita privata.
Il film, accolto favorevolmente dalla maggior parte delle testate internazionali, non mancherà di suscitare reazioni.