Noir

IL TESORO DI VERA CRUZ

Titolo OriginaleThe Big Steal
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1949
Genere
Durata71'

TRAMA

Il tenente Duke Halliday, addetto alle paghe militari, sta inseguendo il furfante Jim Fiske il quale è riuscito a soffiargli un bottino da un milione di dollari, e deve contemporaneamente guardarsi dal capitano Drake che lo crede colpevole del furto.

RECENSIONI

Dopo il misconosciuto film d’esordio The Verdict (La morte viene da Scotland Yard), brumoso poliziesco d’ambientazione vittoriana, The Big Steal costituisce l’opera in grado di imporre, finalmente, in seguito a innumerevoli anni d’apprendistato, il talento registico siegeliano sulla piazza del cinema che conta. Leggenda vuole che il film fu girato quasi per scommessa in quanto il produttore Howard Hughes doveva ad ogni costo trovare una escamotage per scagionare l’attore Robert Mitchum (noto consumatore di marijuana) dall’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti. Il seguito della leggenda culmina con Mitchum che si fa 3 mesi di galera giungendo sul set a riprese ben avviate, situazione che gli offre tutta la tranquillità necessaria per ingurgitare quantità industriali di tequila messicana.
Se la genesi di The Big Steal non è altro che una trovata geniale (corroborata dall’impianto narrativo scritto da un grande uomo di mestiere come Daniel Mainwaring, che aveva già sceneggiato Le catene della colpa di Tourneur e che sceneggerà successivamente L’invasione degli ultracorpi, adattando il racconto The Road to Carmichael’s di Richard Wormser) da parte di una figura geniale come Hughes (vedi lo scorsesiano The Aviator), il paradigma dell’invenzione pura viene mantenuto con sagace maestria da Siegel per tutto il film. La pellicola si configura infatti come divertente e divertito oggettino studiacchiato a tavolino per intrattenere un pubblico che probabilmente avrebbe gradito una sfiziosa alternativa a quel tipo di noir teso e tenebroso fatto di poliziotti, criminali e femmine fatali. The Big Steal in effetti è un sabotaggio continuo nei confronti degli stilemi del noir classico giocato soprattutto su una dialettica molto ben strutturata, fondata su due direttrici diegetiche in contrasto: il vorticoso dinamismo delle fughe in un abbacinante quanto polverosissimo e miserrimo Messico accompagnate da interminabili (doppi) inseguimenti, ingrediente che Siegel si preoccupa di ammannire infarcendolo di virtuosismi sintattici (quindici anni trascorsi alla Warner come montatore si vedono e si sentono), viene contrappuntato in maniera felicemente calibrata da momenti di esilarante staticità affidati al comico carisma caricaturale di caratteristi del calibro di William Bendix e Ramon Novarro, il tutto calato in un’atmosfera che sa trovare il suo giusto equilibrio tra un registro farsesco e uno più propriamentedrammatico.