Fantasy, Sala

THE TWILIGHT SAGA: ECLIPSE

TRAMA

Mentre Seattle viene colpita da una serie di misteriosi omicidi, Bella si trova a dover scegliere tra l’amore per Edward e l’amicizia di Jacob.

RECENSIONI

Continua la parabola discendente della saga, prima letteraria (gli omonimi romanzi di Stephenie Meyer) e poi cinematografica, su cui l'industria americana continua a puntare per rinvigorire il già tonico box-office stagionale (ne è conferma l'aumento progressivo di budget, e incassi, a ogni nuovo episodio). Se la freschezza del primo Twilight, pur nell'assenza di originalità, resta un modello inarrivabile, trovano invece conferma ordinarietà, frammentazione e grottesco, già dominanti in New Moon. Poco aggiunge il passaggio di testimone da Chris Weitz a David Slade, scelto probabilmente per allargare il bacino di utenza a suon di testosterone (suo l'horror, non indimenticabile, 30 giorni di buio), che si limita a imprimere dinamica al lato action, peraltro esiguo, rinvigorendo quello horror (senza turbare troppo, comunque), adeguandosi a una continuità stilistica a stretto confine con l'anonimato. Il problema principale della messa in scena è, però, che non riesce a trasferire atmosfere e situazioni, probabilmente evocative e cariche di suggestione tra le pagine di un libro ma stridenti alla dura prova della rappresentazione. Come non ridacchiare, infatti, alla passeggiata di Bella tra i boschi in braccio a Jacob, al fatto che i lupi riprendono sembianze umane con tanto di jeans, o al teatrino nel camping posticcio allestito tra le vette in cui l'improbabile terzetto inanella a ripetizione gag piuttosto becere, prestandosi a immediata parodia omosex. L'effetto è in parte ricercato, e in questo la sceneggiatrice Melissa Rosenberg si dimostra abile nello sdrammatizzare i punti deboli facendoli evidenziare in prima persona dai personaggi (lo stesso Edward che si chiede come mai Jacob sia sempre a torso nudo, o le rimostranze di Bella al tradizionalismo senza cedimenti di Edward), ma non supplisce alla superficialità dei caratteri. È necessario che l'amore sia contrastato e allora si piegano i personaggi a un triangolo affettivo a cui nemmeno loro sembrano credere, nonostante gesti e parole si sforzino di dimostrare il contrario. In particolare è il personaggio di Bella a perdere spessore. Da ragazzina dark un po' disadattata in cerca di un'identità, a eroina di turno banalmente contesa, nell'impossibilità di averli entrambi, tra carnalità e affetto. A risentirne sono anche gli attori, imbambolati rispetto ai primi due capitoli. Certo, per Edward/Robert Pattinson non aiuta il costante intervento digitale su occhi e incarnato, che lo rende un freak difficilmente credibile in un contesto di quotidianità scolastica. Quanto a Bella/Kristen Stewart, pare più pacificata di quello che il personaggio le fa dire, mentre Jacob/Taylor Lautner continua a confidare sugli addominali invece che sul carisma. La sceneggiatura prova anche ad approfondire qualche personaggio di contorno, con flashback esplicativi dallo svolgimento piuttosto scontato, e routinari anche dal punto di vista visivo (uno ammicca al western, l'altro al gangster-movie). Il peggio, però, è raggiunto con le brevi apparizioni dei Volturi, ancora una volta a un passo dalla recita scolastica. Di positivo ci sono alcune sottigliezze narrative: la presa di coscienza della protagonista che attraverso l'amore, e il mondo nuovo che l'amore le ha aperto, trova una risposta all'inadeguatezza; l'amor cortese professato da Edward, fuori tempo massimo ma coerente con l'immortalità e il background del personaggio; l'invito a sbagliare della giovane diplomata, per una volta inneggiante al libero arbitrio (anche se sotto sotto si può sbagliare solo per poi trovare la retta via e vincere), e il tentativo di affrontare di petto gli stereotipi, con l'uomo più etereo, possibilista e fuggente, anche dal sesso, rispetto alla donna, invece determinata, volitiva e concreta. I possibili spunti di interesse, però, non sono sufficienti per far digerire l'eccessivo prendersi sul serio dei personaggi, il trash dietro l'angolo e per rendere appassionanti conflitti costruiti a tavolino per compiacere il target adolescenziale di riferimento.