Drammatico

LE JENE DEL QUARTO POTERE

TRAMA

New York, ore 15.32 del 23 dicembre. All’assemblea generale dell’ONU non è presente il delegato francese Fèvre-Berthier. L’agenzia «France Presse» viene informata poco dopo: nessuno conosce il motivo della sua assenza e il redattore capo incarica Moreau – profondo conoscitore dei locali notturni della metropoli – di ritrovare il diplomatico. Per condurre la sua indagine notturna, Moreau pretende la collaborazione di Delmas, fotografo spregiudicato dal bicchiere facile. I due perlustrano Manhattan in lungo e in largo scoprendo che Fèvre-Berthier è morto per un attacco cardiaco nell’appartamento dell’amante, un’attrice del Mercury Theatre. Intenzionato a sfruttare la ghiotta occasione, Delmas inscena una morte peccaminosa e scatta fotografie scottanti con l’intenzione di venderle a peso d’oro a qualche quotidiano. Moreau disapprova e, insieme al direttore del suo giornale, lo costringe a consegnare il rullino incriminato. Ma Delmas rifila loro un rullino fasullo e, immortalate anche la moglie e la figlia del defunto, se la dà a gambe. Dopo averlo cercato lungamente, Moreau e la figlia di Fèvre-Berthier lo ritrovano all’alba, completamente sbronzo, nel suo bar preferito. Mandato al tappeto da Moreau con un solo pugno e guardato malinconicamente dalla bella ragazza, Delmas esce dal locale, estrae i rullini dalla tasca del cappotto e li getta in un tombino. Poi si allontana sullo sfondo, ridendo.

RECENSIONI

Considerato a torto un film poco riuscito (e come al solito è Melville ad essere il critico più feroce di se stesso, ripudiando il film in nome di una salutare autoironia), Deux hommes dans Manhattan è al contrario un’opera fondamentale per comprendere il suo cinema. Il titolo originale (di quello italiano non mette conto parlare, tanto è indecente) è esemplare: gli uomini e lo spazio. E la notte, occorre aggiungere, la notte americana, la giungla d'asfalto newyorkese fredda e scura come non mai. Il film si apre alle 15.32 del 23 dicembre, ma il commento della voce narrante ci dice immediatamente che il pomeriggio è già alla fine e che si stanno accendendo i lampioni: su New York regna la notte, l'oscurità è il suo elemento naturale, Manhattan il suo cuore di tenebra. Il 'grandioso edificio di vetro universalmente noto come Palazzo delle Nazioni Unite', emblema delle attività ufficiali e punto di partenza dell'intera vicenda, è difatti rappresentato come un corpo estraneo. Per descrivere la seduta dell'ONU da cui risulta assente il delegato francese Fèvre-Berthier (assenza che darà il via alla ricerca del giornalista Moreau e del fotoreporter Delmas), Melville ricorre infatti a inquadrature acquistate da una casa di cinegiornali. Il cineasta dà la colpa al direttore del servizio cinematografico dell'ONU, responsabile di avergli impedito di filmare una seduta vera e propria, ma è evidente come questa anomalia giochi a favore dell'impianto spaziale del film, rafforzando il senso di intrinseca illegalità di New York. Nel loro girovagare notturno alla ricerca di Fèvre-Berthier, Moreau e Delmas si addentrano infatti nelle viscere della metropoli esplorandone i luoghi della trasgressione. Alla parola d'ordine di 'Cherchez la femme!', i due interpellano le varie donne frequentate dal diplomatico scomparso: prima Judith Nelson, attrice del Mercury Theatre, poi Virginia Graham, affascinante cantante di jazz, e infine la scontrosa spogliarellista Bessie Smith. Puntualmente liquidati da tutte - neanche nel bordello più cool della città riescono a sapere qualcosa - iniziano a rassegnarsi, quando la radio trasmette la notizia che Judith Nelson ha appena tentato il suicidio. I due si precipitano in ospedale, eludono la sorveglianza e le estorcono con la forza una confessione scottante: Fèvre-Berthier è a casa dell'attrice, morto. Le cose si complicano ulteriormente: ligio all'etica professionale e lacché del capo, Moreau informa subito il direttore del giornale, mentre Delmas, fotoreporter spregiudicato e senza scrupoli, ne approfitta per inscenare una morte peccaminosa e realizzare un servizio fotografico scandalistico. Neutralizzato astutamente l'obbligo di consegnare il rullino al direttore di Moreau, Delmas riesce addirittura a terminare il reportage e a mettersi in fuga, dopo aver fotografato la vedova Fèvre-Berthier e la giovane figlia (che nel frattempo aveva pedinato i due giornalisti per tutta la notte). Moreau e la giovane Fèvre-Berthier si mettono quindi in cerca di Delmas, che ha un debole per i superalcolici, e riescono infine a trovarlo, all'alba, in un bar da lui frequentato abitualmente. Con un solo pugno Moreau lo manda al tappeto, mentre la giovane donna lo guarda intensamente. Fuori dal locale, solo, Delmas getta i rullini in un tombino e si mette in cammino, ridendo fragorosamente. Non è ozioso soffermarsi sulla ricchezza della trama, poiché al film è stata più volte rimproverata la debolezza dell'aneddoto e l'esilità della storia. Assurdamente. Deux hommes dans Manhattan presenta difatti un intreccio di grande complessità e imprevedibilità, agitando più di una questione morale e delineando ritratti umani più sfaccettati di quanto sembri. Ciò che invece difetta al film è la tensione drammatica; il che, a ben vedere, non è affatto un limite ma la conseguenza estetica dell'assunto: Manhattan è immersa in un oscurità assoluta, statica, immanente. Non si danno variazioni di tono o d'intensità, tutto è inesorabilmente nero. Fin dall'inizio sappiamo che i vari passaggi non potranno che condurci ad una verità intrisa di morte: Manhattan è ontologicamente noir. Quello che conta è allora la fenomenologia di questa verità immanente, le molteplici manifestazioni di questo teatro di tenebra: dal palcoscenico del Mercury Theatre ai camerini delle spogliarelliste, dagli studi di registrazione Capitol alla fredda camera del Roosevelt Hospital. New York è un gigantesco obitorio, questo ci dice Melville fin dalle prime immagini del film, a Manhattan non vivono uomini, soltanto immagini: Manhattan è un luogo dell'immaginario. Ed è questo il motivo che porta Melville a rappresentare spesso Moreau/Delmas come silhouette in controluce e le strade di New York come labirinti pulsanti di luci artificiali. New York è il cinema noir e Deux hommes dans Manhattan ne è la glorificazione suprema. In questo senso è letteralmente assurdo rintracciare una componente documentaristica o descrittiva nel film: Deux hommes è puro distillato cinéphile, sono immagini di secondo, terzo, ennesimo grado quelle che lo sostanziano. Così l'appartamento di Judith Nelson è la ricostruzione di un interno di Giungla d'asfalto di John Huston (definito da Melville 'il più bel film del mondo'), così i vicoli, i marciapiedi e le piazze sono puro precipitato cinematografico e così, infine, la drastica limitazione dei movimenti di macchina deriva dalla visione di Un volto nella folla di Elia Kazan. Perfino il gesto finale di Delmas (un Pierre Grasset splendidamente malandrino) possiede un inconfondibile sapore hustoniano: gettando nel tombino i rullini fotografici che potrebbero cambiare la sua vita professionale, Delmas proclama beffardamente l'assoluta vanità degli sforzi umani e, contemporaneamente, l'insensatezza del tutto di fronte alla bellezza dello sguardo di una donna. Ancora una volta è questione d'immagine. Tremendamente sottostimato dalla critica, Deux hommes dans Manhattan è infine noto per essere l'unico film di Melville in cui il regista è anche attore: interpreta infatti il personaggio di Moreau, giornalista apparentemente integerrimo ma in realtà meschino leccapiedi del direttore. È opinione comune, tanto per cambiare suffragata dallo stesso Melville, che la sua prova sia bolsa, monocorde, addirittura disastrosa. Non siamo d'accordo: a nostro avviso l'impaccio di Melville attore conferisce valore aggiunto alla sua interpretazione, arricchendo il personaggio di Moreau di un'untuosità e di una bassezza davvero ripugnanti. L'imbarazzo del Melville attore, insomma, si converte in ambiguità psicologica del personaggio, rendendo la figura di Moreau uno dei caratteri più viscidi e spregevoli della sua intera filmografia.