Documentario, Recensione

NE CHANGE RIEN

Titolo OriginaleNe Change Rien
NazioneFrancia/Portogallo
Anno Produzione2009
Durata80'
Interpreti
Fotografia

TRAMA

Nella penombra dello studio di registrazione, Jeanne Balibar comincia a cantare Torture di Kris Jensen, per poi lavorare alla composizione dei pezzi di un nuovo album con il chitarrista Rodolphe Burger. Inizia quindi un viaggio che porta l’attrice e cantante francese da un attico di Sainte-Marie-aux-Mines al palco di un caffè di Tokyo, attraverso concerti rock e lezioni di canto. (dal catalogo del TFF)

RECENSIONI

Parente stretto di One plus one by Godard / Rolling Stones e del Velvet Underground and Nico di Warhol, Ne change rien guarda alla costruzione della performance artistica, No quarto da Vanda musicale, ancorato al corpo di Jeanne Balibar, ipnotizzato dal farsi lento di un brano rock, dalle estenuanti lezioni di canto lirico, dalle prove per uno spettacolo operistico. E’ lo scorrere del tempo a regnare, secondo dopo secondo, nota dopo nota, errore dopo errore, rappreso nel bianco e nero espressionista della macchina da presa - le luci tagliate, i volti scolpiti –: il montaggio giustappone momenti autonomi, inquadrature il cui respiro autosufficiente è il fulcro del film, l’ostinazione dello sguardo e dell’udito su corpi e parole, il tempo e lo spazio necessari ad una genesi, nient’altro, né discorsi né morali, nessuna introspezione intenzionale, solo la dimensione meravigliosamente sofferta del fare arte, accomunandosi questa perla a Danièle Huillet/Jean-Marie Straub: Où gît votre sourire enfoui?. Diceva Tarkovskij: “Il cinema è l’arte di scolpire il tempo”. Pedro Costa è uno dei pochi cineasti contemporanei ad averlo capito.