Commedia

LA DURA VERITÀ

TRAMA

Sacramento. Una mittente televisiva fa il boom di ascolti grazie ad una nuova e pepata rubrica di argomento sessuale: il giullare si chiama Mike Chadway.

RECENSIONI

La dura verità è questa: per risolvere le incomprensioni tra l’uomo e la donna, sfuggendo a romanticismi ideali e ipocrisie sociali, basta spostarsi verso il basso. Ecco la miracolosa e inconfessabile medicina, il sesso, quel siero della verità che supera le apparenze e penetra vigoroso tra le nostre repressioni. Non c’è niente di meglio della televisione per aprirci le menti, a quanto pare “parodizzata” dal posticcio oracolare di Mike, il più tipico manzo virile, sicuro di sé, che filosofeggia a ruota libera senza allusioni, improvvisando sul format, addomesticando le frustrazioni dei colleghi e delineando in maniera spiccia le due facce della medaglia. Se è risaputo che il maschio è un porco col chiodo fisso, la donna dovrebbe allora smettere di tirarsela, perché, in fondo, anche lei una santa non è. Più che ovvia la misogina prospettiva dello showman, che però dobbiamo capire nei suoi nascosti (e telecomandati) problemi: la delusione d’amore.
Tutto nasce dal feeling (prima odio e poi…) con la sua produttrice, una bambola latente, acqua&sapone, maniaca del controllo che si invaghisce del più perfetto e inverosimile degli uomini, Colin. Nell’aiutarla all’approccio Mike le riconfigura il profilo, trasformando i suoi tratti di goffa sognatrice in quelli di un’arrapata bomba sexy, ma, come tutti s’aspettano, è l’esseresestessi che trionfa. Lo sapevamo, i poli opposti si attraggono.
Sebbene a lungo andare risulti sterile, è il fragoroso e sboccatello uso del dialogo la forza trainante di uno script scialbo e prevedibile, per niente supportato da una regia che appiattisce banalmente il piccante argomento. Un punto di partenza c’è nella laccata impaginazione estetica che confeziona questa favolina contemporanea. E’ un mondo plastificato (solo in parte): c’è una Barbie (Aggy) col suo Ken (Colin). Basta. Non andiamo oltre. In quella che poteva essere un’interessante rivisitazione e messa in burla di un’icona (la Bambola per eccellenza), La dura verità fallisce miseramente. Giochicchia nella gag verbale, qualche volta con quella fisica (la partita di baseball e la cena di lavoro), senza però focalizzare una minima presenza di sguardo. C’è sì un pizzico di visione subliminale fine a se stessa nell’utilizzo di elementi come allusione agli organi sessuali (la coda del gatto, l’esplicito giardino di Aggy che alla casettina bellina nasconde qualcosa che fa rima), ma niente di più.
Ad ogni modo rimane una sacrosanta verità: Barbie scarica Ken, per chi?
Per Big Jim, ovviamente.