Commedia

IO & MARLEY

Titolo OriginaleMarley & Me
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2008
Genere
Durata120'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo di John Grogan
Montaggio
Scenografia

TRAMA

John e Jenny si sposano, mettono su casa e famiglia, il tutto insieme all’ingombrante labrador Marley: il peggior cane del mondo.

RECENSIONI

La sceneggiatura di Io & Marley, tratta da un omonimo romanzo autobiografico di grande successo, fa del film qualcosa di decisamente diverso dal genere puramente animalesco in stile Beethoven, in cui si ritiene sufficiente mostrare le simpatiche marachelle del protagonista su un plot che si esaurisce in “una famiglia adotta un cagnone pasticcione e tenerissimo”. Le vicende di Jenny e John vengono seguite per circa quindici anni, da quando si sposano e, poco dopo, adottano un cane per rimandare l’appuntamento con la genitorialità, a quando il cane di casa, ormai anziano, li lascia. La pellicola è, senza dubbio, una commedia rivolta ad un pubblico ampio, di ogni età, e tendenzialmente alla ricerca di evasione e buoni sentimenti. Ma, al tempo stesso, riesce anche a raccontare in modo credibile e in molti tratti non consolatorio le difficoltà della vita famigliare. Senza mai nascondere, ad esempio, le aspirazioni frustrate di entrambi i coniugi: lei rinuncia ad un lavoro che ama per seguire i figli, lui desidera da sempre fare il reporter ma quando ha l’occasione di occuparsi di temi importanti che comporterebbero trasferte lontano da moglie e figli è costretto a fare una scelta. Il focolare domestico non è sempre scenario di giochi, risate ed abbracci, ma a volte diventa prigione, sfondo di malumori e reciproche accuse. Emblematica in questo senso la figura dell’amico reporter di John, una vita speculare alla sua: niente famiglia né dimora fissa, ma avventura e soddisfazioni professionali. Non viene mai nascosto, neppure alla fine del film, che il protagonista un po’ lo invidia.
In un certo senso la vita famigliare appare esattamente come il cagnone Marley: comporta fatica e rinunce, a volte lascia insoddisfatti e sembra non rispondere davvero alle proprie aspettative, ma in generale quel che è capace di offrire prevale sul piatto della bilancia. Marley non è quindi il protagonista assoluto, come manifesti e trailers promozionali lasciavano pensare, ed i suoi comici disastri punteggiano il film senza accentrarlo. Marley, il peggior cane del mondo (impossibile da educare ed inesauribile fonte di disastri), strappa alcune risate ma non fa del film una commedia umoristica e gigioneggia molto meno dei suoi predecessori su grande schermo. Uno dei momenti più efficaci è quello in cui John inizia a scrivere una rubrica autobiografica incentrata sulla sua vita quotidiana con Marley e, quasi telegraficamente, in una sintesi narrativa, scorre gli avvenimenti recenti, puntellati dalle prodezze del labrador. Regge abbastanza bene perfino il finale, che in uno snodo ad elevato rischio lacrimosità evita scivolate eccessive. Prova di una sceneggiatura curata che non si adagia sui facili siparietti “animaleschi” giocati su simpatia e tenerezza, ma sfuggendo la superficialità trova sempre equilibrio di toni. Fanno bene la loro parte Jennifer Aniston, che in questo genere di pellicole ha trovato la sua giusta dimensione post Friends (sperando che non le venga mai più in mente di girare film come Derailed) e Owen Wilson, in una delle sue declinazioni cinematografiche non irritanti. Cameo di Kathleen Turner, inevitabilmente malinconico per come mostra impietosamente i segni che malattia ed alcolismo hanno lasciato sulla sua bellezza.

Di pellicole con cani protagonisti che sfruttano strumentalmente l’amore per gli animali dello spettatore è pieno il cinema: anche quella di Frankel non si esime dal farlo, ma è in fondo una scusa per parlare d’altro, dell’iter “classico” della coppia fra primo figlio, cambio casa, primi litigi, frustrazione sul lavoro e così via (una specialità del regista che, nel 1990, sceneggiò Bebè Mania). Peccato, allora, che il tono della pellicola sia così edulcorato, nonostante firmino la sceneggiatura due bravi autori come Scott Frank e Don Roos (che citano Il Mago di Oz e Uomini e Topi): non c’è vero dramma e se fa capolino si preferisce glissare per restituire un quadro insopportabilmente idilliaco della coppia felice. Mossa furba, alla luce, invece, di un finale votato al pianto in modo efficace, per quanto ricattatorio. Dopo Il Diavolo Veste Prada, Frankel ritenta la carta del libro autobiografico come fonte (autore il John Grogan protagonista, con immancabile Io narrante), dell’ambientazione nel mondo della carta stampata, della mancanza di ferocia quale tratto distintivo (?). Unico personaggio “vero” resta l’adorabile cane Marley, perché è il solo a compiere azioni anche “cattive” seppur in modo del tutto innocente. Menzione speciale per la spassosa Kathleen Turner nel ruolo di un’incarognita addestratrice di cani.