Bellico, Recensione

DEFIANCE

TRAMA

1941. La deportazione nazista colpisce sistematicamente le minoranze ebraiche in Europa, il polacco Tuvia Bielski fonda una comunità di resistenza (“defiance”) nei boschi della Bielorussia. Edward Zwick ce lo spiega attraverso un medio kolossal americano.

RECENSIONI

Perché è un film hollywoodiano

Intreccio minimo con slittamento dal particolare all’universale; ripartizione schematica dei caratteri; segnali stereotipici per renderli riconoscibili (l’intellettuale ha gli occhiali e parla di politica, il maestro conosce le Scritture e cita i suoi libri, ecc.); dilemma sull’autogoverno di sè, con annessi quesiti interiori, sulla funzione del capo e sulla pertinenza delle regole, soprattutto quando all’esterno non ve ne sono (la Comunità contro la Guerra); contrapposizione Umanità/Violenza – la scena centrale, in montaggio alternato, che accosta (di fatto confronta) il matrimonio nella foresta all’agguato partigiano -; confusione delle pulsioni con nota di ambiguità (la lapidazione del soldato tedesco); composizione del “colpo di scena” subito leggibile e senza retroterra (l’apparizione finale di Zus Bielski è assurda per modi, tempi, dinamiche); didascalie ad aprire-chiudere la vicenda; foto in b/n dei protagonisti sui titoli di coda (a dire: è tutto vero).

Perché è un film di Edward Zwick

La continuità nel lavoro recente del regista sarebbe rappresentata dal carattere inedito dell’oggetto narrato: era una storia mai raccontata Blood Diamond (guerra civile in Sierra Leone, 1999) esattamente come lo è Defiance (resistenza degli ebrei polacchi nei boschi bielorussi, 1941), i due film hanno lo stesso cast tecnico, dall’operatore Serra alle musiche artefatte di Newton Howard (primo piano + battuta solenne + decibel alto = scena madre) e, soprattutto, sono entrambi kolossal morali. Poi sarebbe un film di Zwick perché risolve tutte le sequenze action con convenzionale mestiere tra macchina a mano, veloci stacchi di montaggio e totali conclusivi; lo sarebbe infine per l’ossequio assoluto all’Attore, l’altroieri Cruise (L’ultimo samurai), ieri Di Caprio (Blood Diamond), oggi Craig, con Liev Schreiber in posizione strasubordinata. Ma il condizionale resta obbligo: ci sembra troppo parlare di tratti comuni, infatti, quando è sempre il motivo alimentare che nutre questo cinema in ultima istanza.

Perché è un film ingannevole

A seguito di ciò, l’unica segnalazione possibile riguarda l’inganno che il film attua contro lo spettatore: indurre la sensazione che una determinata impronta stilistica possa magnificare la materia rappresentata. Pellicola strategica, che si applica al nazismo dalla parte degli ebrei, ma non lesina incursioni antisovietiche, Defiance è un high budget roboante, che resta nella propria struttura universale e assimilata (l’occhio del pubblico deve orientarsi), e non solo: vuol far credere che grazie all’uso di DNA esplosivo (omicidi, vendette, risse, scontri, detonazioni) l’intero organismo risulti così valorizzato. Da qui all’equivoco, il passo è già fatto: la storia dei Bielski sarà più importante se farà più rumore. Questo afferma Defiance, con lucidità programmatica, nei suoi “momenti migliori”.

Zwick non ce la può fare: qualsiasi guerra affronti, e ne ha affrontate tante (dalla guerra civile di Glory alla Prima Guerra Mondiale di Vento di Passioni, dalla guerra del Golfo di Il Coraggio della Verità al terrorismo islamico in Attacco al Potere, dalla ribellione dei samurai di L’Ultimo Samurai alla guerra civile in Sierra Leone di Blood Diamond) le sue pellicole si assomigliano tutte perché cavalca troppo i codici di genere, convenzionali-spettacolari, del tipico film hollywoodiano, vale a dire irrealistico, stereotipato, retorico. Questa volta rende omaggio agli eroici fratelli Bielski ispirandosi al romanzo ”Gli ebrei che sfidarono Hitler” di Nechama Tec ma, al solito, non è la pagina storica o l’indignazione civile a lasciare il segno (tutto sa di “finto”), quanto il suo innegabile talento nella messinscena dell’azione violenta (il terribile bombardamento, la sequenza finale contro il carro armato), qualche meccanismo emotivo collaudato (il vecchio maestro morente, l’amore-odio tra fratelli) e l’altro stilema che adora, crudo e feroce, spesso in antitesi con gli altri, con cui non edulcora la voglia di sangue (anche quella degli eroi protagonisti, dei perseguitati). Splendida la fotografia che esalta i colori dei boschi della Lituania.