Horror, Recensione, Sentimentale

TWILIGHT

TRAMA

Bella si trasferisce nella piccola località di Forks per stare insieme al padre mentre la madre è in viaggio con il nuovo compagno. Sembra che nulla di particolare possa accaderle, invece Bella incontra il sulfureo Edward ed è amore a prima vista.

RECENSIONI

Hollywood è a caccia di nuove saghe. Tomi di successo da spremere a più riprese in modo da agganciare gli spettatori per più anni. La trilogia da Tolkien ha dimostrato che la fedeltà del pubblico premia, "Harry Potter" è un brand spendibile in tutto il mondo ma oramai è agli sgoccioli, su Narnia si addensa qualche nuvola e "Queste oscure materie" non ha avuto il riscontro sperato (La bussola d'oro ha brillato meno del previsto, almeno oltreoceano). I quattro volumi di Stephenie Meyer, sull'amore contrastato tra un vampiro centenario e una ragazzina dark, visto il successo planetario del primo romanzo pubblicato nel 2005, sono quindi sembrati una risolutiva ancora di salvezza. Una campagna promozionale colossale ha fatto il resto, contribuendo a creare la necessaria aspettativa per la trasposizione cinematografica. Risultato: gli incassi del primo week-end hanno già coperto il modesto budget di produzione (37 milioni di dollari) ponendo solide basi per la realizzazione del secondo capitolo. Al di là dei numeri, e di ciò che dietro allo schermo ha trasformato il lungometraggio in un evento in grado di raggiungere ogni latitudine, il film in sé è una piacevole, quanto innocua, commedia adolescenziale con venature horror. Miscelando con discreta abilità, ma senza particolare fantasia, mitologia, Shakespeare, favole, leggende, qualche brivido (pochi per la verità) e soprattutto palpiti del cuore, Catherine Hardwicke mette in scena i sempreverdi conflitti tra razionalità e passione sceneggiati da Melissa Rosenberg. Di suo aggiunge una spruzzata di femminismo nelle dinamiche tra i personaggi e una particolare sensibilità nell'esplicitare il punto di vista della protagonista, voce narrante e sguardo attraverso cui tutta la vicenda è filtrata. Non è difficile immedesimarsi nella vulnerabilità di una ragazza che si trova a inserirsi in una classe nuova ad anno scolastico inoltrato, un po' introversa ma non sola, con un padre affettuoso ma distante, in una cittadina (Forks, nella penisola di Olympia, stato di Washington) in cui la pioggia tinge di grigio cieli e umori. La prima parte, pur cedendo allo stereotipo nelle caratterizzazioni (il mondo è ancora una volta diviso tra nerd e strafighi e i cattivi, o pseudo tali, sono sempre, chissà perché, belli e ricchissimi), crea premesse interessanti, così come ha tracce di verità la passione totalizzante che invade i due giovani protagonisti. L'amore impossibile tra la ragazza fuori dal coro e il vampiro costretto a reprimere le sue pulsioni non pare, però, sufficiente per dare mordente alla narrazione. C'è bisogno di complicazioni, di ostacoli, insomma, ci vogliono uno o più cattivi. Entrano così in scena i vampiri non vegetariani (in antitesi con la famiglia del protagonista che ha infatti scelto di cibarsi solo con il sangue di animali). Il racconto si vivacizza, ma finisce anche per annacquarsi, soprattutto per l'improbabile look gangsta delle new entry e per il loro innesto, non proprio memorabile, nella sequenza più assurda della pellicola: quella della partita di baseball. Ma il match sportivo non è l'unica ossessione tutta americana che viene perpetuata. Ci sono pure le presentazioni del partner ai genitori con relative gag (peraltro simpatiche) e il ballo di fine anno, vera e propria medaglia all'autostima degli adolescenti, dalla cui riuscita pare dipendere molto più del successo di una semplice serata in cui dei ragazzini gonfiano palloncini, ballano pezzi datatissimi e si vestono con lo stesso cattivo gusto dei genitori. I due protagonisti sembrano sfuggire a qualunque classificazione, il loro amore è talmente sui generis, ma alla fine non ce la fanno e cedono, pur sdrammatizzando, al conformismo. L'apparenza è salva, poi i panni sporchi si lavano in famiglia. Curioso infine il connubio, altro evergreen, tra fame e appetito sessuale, ma il film resta piuttosto ambiguo nel chiarirne implicazioni e differenze. Se baciarsi non è facile, forse una pratica sessuale ad hoc semplificherebbe le cose, ma il compromesso risulterebbe di sicuro troppo hot per il target di riferimento. Meglio glissare e rendere memorabile il primo, trattenuto, sensuale, contatto a fior di labbra. Trasversalmente si potrebbe leggere il film come un invito globale alla castità, ma sarebbe con tutta probabilità attribuirgli valori di cui è tramite più involontario che consapevole. Tra slanci, fughe, sospiri, tormenti, rinunce, abbracci rubati, case da sogno immerse nel verde, voli a perpendicolo nella foresta (la regia naif compensa la debolezza degli effetti speciali), promesse eterne, atmosfere autunnali ben valorizzate dalla fotografia cupa ma non livida di Elliot Davis, musiche e canzoni tutt'altro che sdolcinate e interpreti (e di sicuro futuri divi) in parte, espressivi e non solo bamboleggianti, il lieto fine non risolve il conflitto e annuncia crepe. La strada al seguito, inevitabile, è spianata.

L’ennesima trasposizione di un fenomeno editoriale di culto fra i ragazzi (la saga di Stephenie Meyer, di cui questo è il primo capitolo) ha avuto un incredibile responso al botteghino: è, prima di tutto, una dolce storia d’amore adolescenziale, esaltata dall’indovinata scelta, dietro alla macchina da presa, di Catherine Hardwicke (Thirteen, di cui torna Nikki Reed), specialista in sguardi realistici (anche crudi) su questa fascia d’età. Se il materiale di partenza ha ben poco di originale, è grazie alla regista che, soprattutto nella prima parte (un “normale” film di liceo con primi, timidi approcci amorosi), la pellicola vola alto nel suo farsi di sguardi, tremori, primi piani, espressioni, con attori/personaggi dotati d’anima. Piace anche la fotografia, con questa tonalità dominante verde scuro, colore dei boschi dove questa anomala famiglia di vampiri “vegetariani” vive, dove ci sarà la prima rivelazione e dove la favola dell’orrore in amore crescerà. Catherine Hardwicke e la sceneggiatrice Melissa Rosenberg (dal serial “The O.C.”, ancora su di un universo adolescenziale) riescono a trasformare la pellicola, come tutti i migliori film di vampiri, in un’allegoria d’amore e morte, dove il desiderio del sangue è passione/odio e il sentimento platonico diventa romanticismo nel trattenersi all’infinito. La seconda parte pensa di più alla spettacolarità, fra vampiro segugio (il solito, grossolano villain) e La Bella e la Bestia: parchi effetti speciali (poco speciali), poco horror, tutto un po’ vecchio stile, con la delicatezza di Debussy, nonostante suonino brani di rock “serio” niente male. Un amore-per-sempre fra due diversi: Bella non è certo la tipica liceale americana, così laconica, solitaria, anticonvenzionale, delicata, romantica. Per capire il valore di questo primo capitolo, vedersi “l’orrore” dei seguiti glamour e dozzinali.