TRAMA
Giovanni, figlio unico, vive a Roma con la madre vedova, una donna sola dalla forte personalità. Il giorno prima di Ferragosto, l’amministratore del condominio gli propone di prendersi cura della sua vecchia mamma per i due giorni di vacanza in cambio dell’eliminazione di alcuni debiti. Giovanni, pur riluttante, accetta, ma l’amministratore ne approfitta per lasciargli in custodia anche una zia; approfitta di lui anche un amico medico che gli affida la madre anziana perché impegnato in ospedale.
RECENSIONI
L'opera di debutto di Gianni Di Gregorio ha il merito di sdoganare la vecchiaia, quella vera, che fa paura, tutta rughe che solcano il viso, pelle avvizzita e cadente, pillole di ogni tipo e colore ad anticipare e concludere pranzi e cene. Un cinquantenne che vive con la madre novantenne si trova a dover accogliere in casa anche la mamma e la zia del suo amministratore di condominio (in cambio della cancellazione di alcuni debiti) e la madre di un amico medico. Il film parte da questa idea e la sviluppa attraverso l'improvvisazione delle ottuagenarie non attrici, creando momenti divertenti grazie proprio alla verve delle interpreti. L'opera procede con moderata simpatia giocando i contrasti sulla reazione agli inaspettati eventi che travolgono l'unico uomo di casa. Assecondare capricci ed esigenze delle arzille, e tutt'altro che docili, inquiline si rivelerà impresa alquanto ardua. Fa un certo effetto vedere sul grande schermo le rughe, solitamente nascoste il più possibile, esibite invece con naturalezza e ironia. Oltre la simpatia, però, Di Gregorio non va, facendo leva con una certa ruffianeria su alcuni luoghi comuni del calore/colore italiano: un bicchiere di vino annega tutte le malinconie, il figlio mammone un po' venale ma di buon cuore, l'arte di arrangiarsi in barba alle norme di convivenza condominiali, la placida inosservanza delle regole (in moto senza casco). La sensazione è quella di uno sguardo un po' superficiale che stempera ciò che nella vita reale finisce per diventare molto spesso intollerabile e smussa nel "volemose bene" qualunque lato poco funzionale ai toni da commedia del racconto. Poco male, perché l'insieme, dati i tempi con i riflettori accesi solo sulla perfezione di facciata, è a suo modo originale e la spigliatezza del quartetto di interpreti, tutte non professioniste, è innegabile, ma un po' più di cattiveria avrebbe probabilmente reso la storia più vera. Insomma, si fatica a credere a questo cinquantenne mansueto e servizievole che accantona ogni pulsione per quieto vivere. Ma forse questo sarebbe stato un altro film. L'opera di Gianni Di Gregorio ha riscosso ampi consensi al Festival di Venezia sia parte del pubblico, che ha affollato le sale in cui era proiettato, ma anche della critica, vincendo il Premio Luigi De Laurentiis per la migliore opera prima oltre ai premi Pasinetti, Arca Cinema Giovani e Isvema.

Deliziosa opera autobiografica (quasi) autoprodotta di Di Gregorio, anche protagonista con la sua espressione da vittima sempre sorridente e tanto paziente: a un certo punto della sua vita ha davvero vissuto una condizione simile. Aiuto regista di Matteo Garrone (qui produttore) e co-sceneggiatore del suo Gomorra, ha girato a casa propria spendendo “solo” 500.000 euro. Un piccolo, delizioso racconto racchiuso fra le quattro mura domestiche, che poggia sue due elementi vincenti: prima di tutto l’aggiornamento della commedia all’italiana, fatto sottraendo la matrice grottesca e caricaturale, costruendo un mood a specchio del protagonista (e di se stesso), delicato, arrangione ma con il sorriso e la gentilezza sulle labbra, per quanto le motivazioni ad agire (denaro) siano ciniche. Si viaggia quindi su di un realismo nei comportamenti per trovare la commedia nei fatti, nelle situazioni. Secondo elemento, la scelta e la direzione delle ottuagenarie protagoniste, che Di Gregorio lascia sagacemente improvvisare (se stesse), ottenendo un’estrema naturalezza: la De Franciscus, con quella parrucca bionda e quel rossetto rosso che la rendono ridicola, è davvero un’adorabile aristocratica; la Calì (quella della pasta al forno) una vera cuoca, e così via. Meritato premio alla migliore opera prima a Venezia e successo con il passaparola al cinema.
