Catastrofico, Thriller

E VENNE IL GIORNO

Titolo OriginaleThe Happening
NazioneU.S.A./India
Anno Produzione2008
Durata88'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Tutto ha inizio all’improvviso, senza avvertimenti. In pochi minuti, diverse morti strane ed inquietanti nelle maggiori città americane sfuggono alla ragione e sconvolgono le menti delle persone con i loro scioccanti effetti distruttivi. Cosa provoca questo improvviso mutamento nel comportamento umano? È un nuovo attacco terroristico, un esperimento andato a male, una diabolica arma tossica o un virus fuori controllo? Viene trasmesso grazie all’aria, all’acqua o… come? Per l’insegnante di scienze che lavora in un liceo di Philadelphia Elliot Moore (il candidato al Premio Oscar® Mark Wahlberg) la preoccupazione principale è trovare un modo per fuggire a questo fenomeno misterioso e mortale. Sebbene lui e la moglie Alma (Zooey Deschanel) si ritrovino nel mezzo di una crisi coniugale, viaggiano prima in treno e poi in macchina assieme all’amico di Elliot, l’insegnante di matematica Julian (il vincitore dell’Emmy® Award John Leguizamo) e a sua figlia di otto anni Jess (Ashlyn Sanchez), dirigendosi verso le fattorie della Pennsylvania, dove sperano di trovare un rifugio sicuro da questi spaventosi attacchi, che diventano sempre più forti. Tuttavia, in breve tempo diventa chiaro come nessuno sia veramente al sicuro, perché questo terribile assassino non può essere seminato. Soltanto quando inizia a scoprire la vera natura di quello che sta accadendo e che ha scatenato questa forza minacciosa per il futuro dell’umanità, Elliot riesce a trovare un barlume di speranza per la sua vulnerabile famiglia e un modo per tentare di sfuggire a questi eventi. (dal press-book del film)

RECENSIONI

Premessa

B-movie stilizzato, pochi tratti di consapevole, autoironica, elementarità: il ridicolo avvinghiato al terrore, grottesco distillato in sublimi e geometriche coreografie gore, tensione incostante, alienata, scomposta. E venne il giorno indossa sornione le sfilacciate vesti da apocalittico di scarso livello, animo artigianale e buona dose di credulità richiesta al pubblico, e al contempo cinicamente stilizza il recente corpus poetico dell'autore, con ghignante e rassegnato nichilismo (laddove in Lady in the water i toni erano utopistici, sebbene comunque limitati territorialmente dal sentimento autoreferenziale del progetto): al centro, qui come altrove, il riassestamento dell'istituzione famiglia [1], riformulazione personale del mito della fondazione della comunità, o, meglio, della sua rifondazione. Il motore del processo (tinto al solito d'orrore) vede il nucleo familiare come fattore (e non sede) di un conflitto, rivolto verso l'esterno, di intensità maggiore rispetto al conflitto disaggregante interno: dislivello in grado di lenire le ferite tramite il comune sentire verso un comune nemico [2]. La figura del nemico, elemento dialettico fondamentale dunque nel percorso di ricostruzione, assume qui una non-forma, è pressione non rappresa su alcun corpo: l'antagonista è l'ambiente, quindi la messa in scena, la pura costruzione cinematografica. In questo senso E venne il giorno è cinema ecologico.

Camminare all'indietro

Dal territorio del parco, tentativo urbano di restaurare all'interno di una società iper-civilizzata il legame con la natura- quindi al contempo, paradossalmente, frutto artificiale e ultimo baluardo naturale-, si diffonde la morte, che dalla città spinge gli uomini nelle campagne, corrodendo gli anaffettivi e coatti assembramenti metropolitani e riducendoli in frammenti via via più piccoli, restituendo l'uomo-automa blasé, anestetizzato dalla massa e dalla frenesia urbana, alla dimensione rurale, in modo che sia soggetto agli stimoli di un unico piccolo gruppo e non a quelli dispersivi dell'aggregato metropolitano. In modo che la sensibilità si riscaldi, che il sentimento unitario sia vivo (sebbene inevitabile, data l' assenza di alternative) e non semplicemente convenzionale, apparente. La spinta è drasticamente anti-moderna: la forza è inspiegabile [3], rigetta qualsiasi sovrastruttura [4], blocca i trasporti (il treno, mezzo fondatore della modernità), annienta la tecnologia ed ogni spunto raziocinante, rifugge la semplificazione automatica della scienza (il cui emblema è il ritornello che Elliot inculca nelle menti degli studenti) e il proliferare di suggestioni complottistiche da parte dei media (dall'atto terroristico alla messa in scena governativa relazionata al nucleare). La salvezza sta nella regressione verso lidi pre-moderni, il progresso è costretto a fermarsi ed indietreggiare. A camminare all'indietro. Per poi morire.

Natura, cultura

La comunità può esistere solamente a patto di una regressione culturale. Naturale che la folle radicalità dell’assunto si inserisca nel contesto di una demistificazione parodica della propria ricerca, che Shyamalan a tratti sussurra, più spesso impone. In E venne il giorno l'autore si cita sistematicamente addosso, tessendo un film densamente autoreferenziale, che ricalca al parossismo temi e iconografia degli exploit precedenti. La non-visibilità della forza che propaga la morte si confonde con il fine esibito dell'autore, la mano della natura e quella programmatica di Shyamalan si sovrappongono, l'unica spiegazione plausibile è limitare la suddetta forza alla volontà del demiurgo, sacrificando la coerenza della trama sull'altare della metariflessione. Il gioco è scoperto, il nemico-motore necessariamente fuori-campo, lo scopo dichiarato: il ricongiungimento della famiglia, quindi la sardonica ed enfatica scrematura di tutto l'intorno umano, risolto con rara efficacia grafica e humour- in Shyamalan- mai così nero. L'incoerenza interna risulta di sfacciataggine masochista, declinando la forma del road movie in un percorso a inverosimili tappe che palesa, se ancora ce ne fosse bisogno, l'ambito autoreferenziale e autoironico, la mano ludica e dissacratoria dell'autore [5]. Non è un caso che, nella versione originale, il regista presti la voce al personaggio (sempre fuori campo) di Joey, colui che insidia Alma, colui che insidia la stabilità familiare, la causa prima dell'allentamento del legame, quindi il motivo primario del film stesso [6]. Directed by. Non è un caso, ovviamente, che la forza assassina si plachi un attimo prima che la famiglia prenda forma (a rimarcare la programmaticità del tutto il vento, mezzo di propagazione della forza, continua a soffiare incessante), che a colui che insegue vada finalmente incontro colei che viene inseguita, mano nella mano con la prole illegittima. Didascalicamente: coloro che non ricordavano più il colore dell'amore ne possono ritrovare ora la presunta purezza, possono rifondare la comunità. Come volevasi pateticamente e forzatamente dimostrare [7].

Suicidio [8]

Portando a compimento il percorso iniziato con Lady in the water, E venne il giorno è opera-harakiri, volutamente improbabile e disconnessa, falsamente e cinicamente riconciliatoria, irritante, coraggiosa. L'epitaffio mordace e satirico di un mito ricomponibile solo a forza, programmaticamente, nel territorio minuscolo di una poetica cinematografica, inciso con colpi apparentemente grezzi e indelicati, lontani dalla malia della maniera di Shyamalan, dalla sua eleganza: al movimento avvolgente e inquietante del suo sguardo si sostituisce un' inedita attenzione per la caricatura, per la stilizzazione grottesca, per la trasfigurazione caustica e sprezzante [9]; invece della recitazione di stampo classicheggiante delle opere precedenti si insinuano sarcastiche macchiette, il buffo sguardo della Deschanel, l'imbambolimento derisorio di Wahlberg. In quest'ottica suicida la moltiplicazione dei finali (se ne contano tre) bilancia beffardamente il meccanismo canonico dell'autore, l'automatismo fatto modalità finale risolutore ed illuminante, commutando il chiarimento in dispersione. A sguardo sconsacrato e graffiante, dolente e rassegnato: l'utopia di Lady in the water e la distopia di E venne il giorno sono le facce identiche della stessa medaglia, paradossale morte e al contempo nascita di una nazione [10].

Ciò che separa The Happening dagli ultimi cinque film di Shyamalan ha nome e cognome: profondità semantica. Senza soffermarsi sullo specifico, infatti, basti rilevare che da Il Sesto Senso a Lady in the Water la moltiplicazione interpretativa era sempre presente e ostinatamente applicata: sulla trama, sul concetto, sulla struttura. Qui no. The Happening è “solo” fantascienza e bisogna lanciarsi in spericolati voli metatestuali per azzardare un altro livello; si può segnalare l’aggiornamento della science fiction americana (scriverei “aggiornamento allusivo”, se ogni link al 9/11 non fosse letterale), istanza già superata e invecchiata nei suoi stessi referenti*; o valorizzare i due veri istanti decostruttivi in 88 minuti, il monologo di Elliot alla pianta di plastica e il confronto Elliot/Alma attraverso una tubatura risonante. L’uno votato a immergere in caustica ironia il “dialogo col nemico”, l’altro a rileggere con voce grottesca la “parentesi sentimentale”. Ma ugualmente si deve ammettere la scarsità numerica e pochezza intensiva di tali spunti: al contrario, per compensazione impari, molto è scritto in grassetto e presto disturbante alla vista. Come il capitolo “paura del diverso”: la fine dei ragazzini, fucilati da una mano fuori campo, è la ripresa più esplicativa e supponente mai girata dall’indiano. Shyamalan è obbligato al secondo grado? Sicuramente no, ma è significativo specificare come, al primo film letterale dopo anni, il regista sbandi vistosamente; o forse resta immobile, non reinventa ma ricopia, cementifica il genere, se lo infila e dimentica di indossarlo. Considerando il rilievo capitale della direzione di attori, infine, anche questa sembra vacillare: si prendano gli Willis e i Gibson “interiori” del recente passato, si confrontino con Mark Wahlberg e Zooey Deschanel, si scoprirà che i due non vanno mai oltre ma stanno fermi dove sono. Inchiodati al primo grado.