TRAMA
Il BOPE (Batalhão de Operações Policiais Especiais) è la crema della polizia brasiliana, addestrata all’impossibile e preoccupata soprattutto di arginare i danni causati dal resto delle forze dell’ordine. In previsione di una visita di Giovanni Paolo II, l’imperativo è: ripulire una delle peggiori favela di Rio.
RECENSIONI
Un Orso d'oro dovrebbe sempre giungere come una sorpresa, piacevole o spiacevole a seconda dei casi: Tropa de elite è una sopresa moderatamente piacevole, soprattutto se si tiene conto delle premesse. L'aspettativa di un polpettone terzomondista alla City of God era, più che lecita, inevitabile, considerati i trascorsi documentaristici di Padilha (al suo esordio nella fiction) e soprattutto la presenza fra gli sceneggiatori di Bráulio Mantovani, già autore della citata cineminaccia. E invece, malgrado l'impressione di buona parte della critica e l'impegno dell'ufficio stampa, Tropa de Elite non è un film di denuncia, bensì un action movie robusto, certo prevedibile, ma innegabilmente abile e dotato di uno humour non disprezzabile. Inutile cercare caratteri sfumati, situazioni inedite, dialoghi memorabili: tutto è bidimensionale, ma soprattutto rapido, e anche quando la sceneggiatura si perde in stonate lungaggini (quasi sempre, ma soprattutto nelle scene che descrivono il mondo degli studenti sfaccendati e tossicomani) la macchina da presa rimane frenetica, rimbalza da un capo all'altro del set, come se temesse, fermandosi per un attimo, di compromettere l'efficacia del bombardamento audiovisivo. Ed è invece proprio nelle sequenze meno incalzanti che il film prende quota, grazia a un'inattesa vena malinconica. Se alla giungla urbana si contrappone abitualmente il nido domestico, il capitano Nascimento deve affrontare una vita privata non meno tesa di quella professionale: lo spasmodico tentativo di ottenere il congedo "per motivi familiari" conduce a vertigini e tensioni che si riflettono sulla famiglia stessa, fino ad annullare il problema alla radice. Ma non basta: l'uscita di scena di moglie e figlio non induce Nascimento ad abbandonare l'impresa di forgiarsi un sostituto, e l'ultima sequenza ci mostra il prescelto Matias che, avendo già platealmente rinnegato la fidanzatina borghese e "corrotta", dà l'addio definitivo alla propria identità precedente, dimostrando al tempo stesso di essere già devastato dagli stessi tic che hanno indotto Nascimento ad allontanarsi dal BOPE. C'è insomma, oltre ai pezzi di bravura (l'introduzione sincopata, caotica al punto giusto) e al di là delle forzature (la voce over che, al solito, colma di didascalie immagini che non ne hanno bisogno) e delle gustose fanfaronate "di genere" (l'ufficiale corrotto quanto ottuso, l'addestramento sotto il segno dello schifo), uno sguardo rabbiosamente disilluso che, se non può dirsi pienamente originale, aiuta ad arrivare in scioltezza alla fine della pellicola.