TRAMA
Una madre sola e un bambino che accusa problemi di comportamento. Il bimbo viene curato con gli psicofarmaci…
RECENSIONI
Rodrigo Plá gira El otro Tom con la sua sceneggiatrice Laura Santullo, anche autrice del romanzo da cui fu tratto Un mostro dalle mille teste: più che nella distopia messicana de La Zona siamo intorno a quel titolo, infatti, dove l’affabulazione del racconto serviva per arrivare al grande tema sociale e smascherare il sistema sbagliato - in quel caso la sanità corrotta. Qui è la somministrazione di psicofarmaci nei confronti dei bambini: Elena è la madre del piccolo Tom, una single tenace dal carattere difficile, quando il giovane a scuola accusa problemi di comportamento la soluzione immediata degli esperti è rivolgersi alle medicine. Ecco allora l’altro Tom del titolo, ovvero il “bambino sedato”, che nella mera valutazione scientifica migliora perché, semplicemente, si comporta “meglio”: ma non è più lui anzi diventa un altro, si fa materia di uno sdoppiamento consapevole che perfino dal piccolo viene segnalato. Elena ne intuisce gradualmente la pericolosità sino alla presa di coscienza: deciderà di agire di conseguenza per riprendersi il “primo Tom”. L’antagonista diventa allora il sistema dei servizi sociali che, come in Ladybird Ladybird di Ken Loach, non permette deviazioni, non si può scalfire la griglia, ciò che è scritto va eseguito, pena una valutazione negativa.
I registi conducono il racconto secondo il genere, mamma e figlio problematico, tirando il filo contemporaneo che va da Mommy ai molti epigoni, come il tedesco System Crasher di Nora Fingscheidt (Berlinale 2019): sono abili, soprattutto, a non esaurire la storia nel “messaggio” che al contrario in essa si mimetizza. La lezione civile di El otro Tom infatti non è il punto: la sostanza sta soprattutto nel rapporto tra madre e figlio, che trova un personaggio memorabile nella prima, interpretata da Julia Chávez. La giovane attrice sostiene a dovere la riottosità della sua figura, l’imperfezione data (anche) dal contesto, quindi - nelle sue possibilità - la lotta per spaccare la condizione. Film archetipico, nutrito anche di stereotipi, che però vengono opportunamente riscritti e inscenati, per arrivare a un risultato sia di forza sociale che di profonda umanità.
