Thriller

PEOPLE I KNOW

Titolo OriginalePeople I know
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2002
Genere
Durata100'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Eli Wurman è un PR newyorkese sul viale del tramonto, che sopravvive nell’ambiente grazie a pochi clienti e amici. Una notte aiuta il suo ultimo cliente di prestigio a liberarsi di una scomoda amante. La questione si rivelerà più spinosa del previsto.

RECENSIONI

Do I Know Somebody?

Il film di Algrant è probabilmente quanto di più inconsistente Al Pacino non si sia mai trovato ad interpretare in vita sua. E in nessun modo la sua recitazione sopra le righe contribuisce a nobilitare un prodotto (nell'accezione più meramente commerciale del termine) che risulta tedioso, scolastico e vacuo dai titoli di testa. La notte che il PR ridotto a fare il ruffiano e l'attricetta/sgualdrina passano insieme è quanto di più deprimente qualsiasi cultore dell'autodistruzione al cinema possa vedere: per ovviare allo scempio cui si assiste, si cercano nella memoria le immagini di un qualsiasi Abel Ferrara, e la scarica di endorfine che ne deriva aiuta a superare il momentaccio. Poi c'è l'ovvio omicidio della donnina che troppo ha visto e registrato durante le sue scorribande a base di oppio e supposta depravazione, e l'occhio (dopato) di grado secondo che assiste al nuovo e ben più grave crimine. Ma la memoria è labile ed ingannevole, soprattutto sotto spirito-psicofarmaci-oppio, e quindi il piccolo PR ebreo prosegue il suo cammino verso la sua preziosa festa di riabilitazione giocando le sue carte come può, cioè alternando momenti di lucidità a momenti di stordimento. Ma attenzione! Con una zampata da vecchio leone, Pacino si impenna alla rincorsa dei suoi standard: Eli è inchiodato sul lettino del dottore ed ha un catetere infilato nel pene. Il manierismo del tossico caracollante lascia posto ad un lampo di genuino terrore. Poi compare l'angelo della riabilitazione, il fisioterapista dell'anima, incarnato da una Kim Basinger singolarmente nominata Victoria-Vicky (Vale? La signora Batman è ancora single?), che cerca di sedurre e redimere Eli. Scopriamo così che l'eterea Kim (faro BCBG nella notte del mondo corrotto e perverso in cui Pacino è immerso) è la vedova del fratello suicida di Eli, e il quadro è tristemente completo. Il film si trascina fra macchinazioni dal sapore massonico e tentativi di nobilitazione per un'altra ora, risolvendo il conflitto interiore di Pacino con il solo elemento autentico di tutta la baracca: la paura. Spaventato dalle possibili conseguenze del suo equilibrismo politico e verbale, l'uomo che sapeva troppo accetta la corte della cognata-vedova e finalmente si avvia alla fuga: ma la lunga ombra delle celebrità che un tempo Eli stesso rappresentava cala su di lui e lo cancella. Senza rumore. Senza clamore. Perfino con poco dolore.

Opera interessante, stilizzata ma non del tutto convincente: scritta dal commediografo John Robin Baitz, conserva lo stile di un dramma teatrale nervoso, ben dialogato, ad incastro di personaggi. È molto affidata all’improvvisazione/esperienza di un grande Al Pacino, vero motore primo cui il regista regala quasi ogni inquadratura. Algrant compone il film come una partitura free-jazz, partendo in un modo oltremodo laconico che però moltiplica i personaggi, i “people I know” (le persone che conosco) del protagonista e gli eventi per cui non esiste background: è una struttura al contempo snervante e stimolante, originale. Il PR di Pacino, uomo sempre di corsa, malato, al tramonto della vita, in perenne affanno sconclusionato, intreccia varie relazioni di cui non è dato conoscere la natura, mentre è arduo persino sapere di cosa si occupi realmente il suo Eli Wurman: brandelli di un puzzle voluto che, però, quando viene ricomposto, delude in certe situazioni convenzionali, fra un thriller politico non del tutto credibile e un finale molto accademico con Kim Basinger simbolo di un’altra vita (tranquilla, di campagna) da desiderare. Algrant opera anche un discorso critico nei confronti della città di New York, sul suo spirito che ti mangia l’anima, sui suoi vertici troppo destrosi (il sindaco Giuliani).