TRAMA
460 d.C.: i Goti invadono Roma e detengono il giovane imperatore a Capri. Con l’aiuto di una guerriera indiana, il capo della guardia imperiale lo libera e, insieme al precettore del sovrano che trova la spada del Cesare, si dirige verso la Britannia, dove è ubicata l’ultima legione romana.
RECENSIONI
Per sopportare quest’opera, all’inizio, bisogna convincersi che non ha alcuna pretesa storica: l’idea della famiglia De Laurentiis che produce, del romanzo (2002) di Valerio Massimo Manfredi da cui in parte è tratto, del soggetto del redivivo Carlo Carlei e della (terribile, mercantile) sceneggiatura dei fratelli inglesi Butterworth è di fare un fantasy, senza eventi soprannaturali, sfruttando il fascino dell’Impero romano. Alla luce del finale con La Spada nella Roccia, che contiene l’unica intuizione degna di nota del film, è palese che voglia assurgere in un mondo di fiaba e leggenda e in tale veste andrebbe analizzata: non funziona, comunque. I De Laurentiis sono recidivi (vedi, ad esempio, Kull il Conquistatore), i loro kolossal d’esportazione in cui difendono, anche ottusamente, un modo di fare cinema tradizionale, senza effetti speciali ma con figuranti e duelli all’arma bianca, vengono troppo spesso affidati a registi senza pedigree: Lefler, molto ricercato come storyboard artist, è “solo” il loro regista del seguito in homevideo di Dragonheart, sarà stato scelto per l’esperienza nei serial Tv peplum-fantasy di Hercules e Xena (di cui ha diretto i non memorabili pilot), ma si conferma un “televisivo” senz’anima e perizia artigianale (capacità drammaturgica, d’epica e pathos). Fatto sta che la produzione/sceneggiatura è un frullato costruito a tavolino di modi stereotipati e convenzionali, fra principessa guerriera, corteggiamento, spalle comiche, cattivi unidimensionali, momenti topici scopiazzati (vedi il pistolotto agli assediati prima della battaglia, dove i Butterworth riempiono la bocca del protagonista di libertà e cuore romano: imbarazzante, anche perché i romani non erano esattamente dei liberatori). Quel che indispettisce di più è che il soggetto ha dei potenziali, ma è buttato alle ortiche (e in mezzo a troppi duelli di spada che vorrebbero fare scena) dai modi rozzi e qualunquisti.