TRAMA
Origini e vita di Crudelia De Mon, da orfana abbandonata nella Londra degli anni ’60 a stilista di successo nel decennio successivo. Cosa è successo in mezzo?
RECENSIONI
In principio fu Malefica, il primo cattivo Disney con una origin story tutta dedicata. Dopo due film non indimenticabili e svariati milioni di dollari incassati in giro per il mondo tocca questa volta a Crudelia De Mon, cattivo tra i più iconici, e non solo tra i film di animazione. Ci sono voluti tre soggettisti, due sceneggiatori, sei anni di lavoro e varie riscritture per giungere a un risultato che riuscisse a conciliare il dopo che è arrivato (La carica dei 101) con il prima immaginato, attraverso un racconto progettato per raggiungere, come sempre in casa Disney, il più ampio pubblico possibile. La maggiore difficoltà è stata probabilmente quella di costruire un cattivo di rara perfidia che fosse però in grado di essere protagonista di un film trasversale ma fondamentalmente per famiglie. Il risultato, sotto la guida di Craig Gillespie (che con Tonya aveva già dimostrato di trovarsi a suo agio con personaggi sulla carta sgradevoli e respingenti), gode di una messa in scena sontuosa e dal ritmo concitato. La confezione deluxe distrae da una scrittura non così scorrevole che in più occasioni racconta il film anziché farlo davvero vivere ai personaggi, soprattutto nella prima parte, in cui la voce fuori campo della protagonista esplicita molti passaggi razionalizzando ogni ambiguità.
Il problema della sceneggiatura è anche che i personaggi di cui si occupa sono molti e alcuni, come i due complici ladruncoli, la giornalista amica del cuore e il servitore della Baronessa, pur determinanti, sono particolarmente sacrificati. Nell’aggiornare gli stereotipi a una sensibilità contemporanea, poi, differenziando le etnie dei personaggi, ci si dimentica del ruolo sdrammatizzante affidato al solito ciccio e tonto; il motivo è quello di farlo assomigliare all’Orazio del film di animazione, ma l’effetto è comunque un po’ stridente, anche perché poco supportato dal brio delle battute. Quanto alla protagonista, la gestione della sua cattiveria si risolve contrapponendole un’altra cattiva, la Baronessa, che diventa la vera villain del film. Scelta molto astuta che finisce per ridimensionare, e soprattutto motivare, avidità e vanità di Crudelia, alla fine vittima, o comunque carnefice solo per la necessità di trovare un proprio posto nel mondo dopo che con l’inganno le è stato tolto. Si pongono anche le basi per il futuro odio di Crudelia nei confronti dei cani dalmata, ma giusto un accenno, il percorso di formazione si concentra infatti soprattutto sulla capacità della protagonista di scendere a patti con il proprio lato oscuro. Ciò che alla fine ne deriva è un Joker che ce l’ha fatta, immagine tutto sommato pacificata che si fatica a sovrapporre con la Crudelia del film di animazione. Ma l’incedere incalzante consente di non farci troppo caso, perché in fondo il gioco degli incastri tra presente e passato è un elemento, non per forza il più importante.
Brave le due protagoniste, ma tra il sopra le righe di Emma Stone, ogni tanto portata in overacting dal personaggio, e la misura di Emma Thompson (debitrice della Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada), è quest’ultima ad avere la meglio, grazie anche a un personaggio che non avendo parametri di confronto risulta più coerente e con meno vincoli narrativi da rispettare. La forza del cast, unita alla fantasia e al forte impatto di scenografie, trucco e costumi, contribuiscono in modo determinante a rendere la visione un piacevole intrattenimento. Alcuni momenti sono particolarmente spumeggianti, come le spettacolari entrate in scena di Crudelia in grado di mettere in ombra l’allure della Baronessa. Discorso a parte per le scelte musicali che, senza considerare la colonna sonora originale di Nicholas Britell e la nuova canzone Call me Cruella interpretata da Florence + The Machine, spazia tra i generi musicali prediligendo rock e rhythm & blues e comprende brani celeberrimi di artisti celeberrimi (da Should I Stay Or Should I Go dei The Clash a Come Together di Ike And Tina Turner); brani che non si limitano a caratterizzare il periodo storico in cui è ambientata la vicenda (dalla Swinging London degli anni ’60 al punk rock degli anni ’70), ma donano un’anima rivoluzionaria al racconto sostanziando l’anticonformismo della protagonista più delle troppe parole. Il doppiaggio italiano conserva l’originale Cruella nel riferirsi alla protagonista, probabilmente per mantenere l’assonanza Estella/Cruella, ma in questo modo finisce per perdere per strada il titolo italiano del film e il nome con cui il personaggio è entrato nell’immaginario nel nostro paese. Glenn Close, Crudelia De Mon nelle due versioni live-action del 1996 e 2000, figura in veste di produttrice esecutiva.