Documentario, Recensione

COLLECTIVE

Titolo OriginaleColectiv
NazioneRomania
Anno Produzione2019
Durata109'
Fotografia

TRAMA

Dopo che un terribile incendio provoca la morte di 27 persone in un nightclub di Bucarest, il Colectiv, le autorità rassicurano il popolo sul fatto che i feriti riceveranno le cure necessarie presso strutture definite “migliori di quelle della Germania”. Settimane dopo, il conteggio crescente delle vittime spinge gli intrepidi reporter della Sports Gazette a investigare sull’accaduto. Proprio in quel momento una soffiata smaschera la Hexi Pharma, un’azienda locale il cui capo muore in circostanze misteriose. Il Ministro della Salute si dimette in silenzio nel bel mezzo dei tumulti. Ma questo è soltanto il primo capitolo di una denuncia scioccante e piena di colpi di scena. Una frenetica detective story in tempo reale su verità, responsabilità e valore di una stampa indipendente in un’epoca fortemente polarizzata.

RECENSIONI

Preferisco pensare al documentario più che in termini di genere (e quindi secondo le logiche di un gesto puramente catastale e decisionale spesso mosso dalla preoccupazione di far tornare i conti) come un modo di pensare e fare cinema che per esser tale presuppone una continua attività di interrogazione e invenzione, dove la realtà è il punto di partenza; una realtà che, sebbene preesistente, non può esistere cinematograficamente se non attraverso un’azione cosciente che la realizzi. Come il documentario interroga il reale, a noi spettatori il compito di interrogarci anche sulla validità delle strategie enunciative adottate dal documentario. Cinema, dunque, come esercizio critico, così dovrebbe essere inteso sia da parte di chi lo realizza, sia di chi lo guarda: questa la fatica, questa la sua bellezza.
Collective di Alexander Nanau può sicuramente esser letto in questi termini, un progetto che ha permesso al regista di trovarsi nella posizione di cogliere e documentare la storia nel suo farsi. Nanau decidendo di affiancare la squadra di giornalisti e di realizzare il film procedendo di pari passo alla loro indagine ha la possibilità di essere sul fatto, sulla cosa che accade, e scegliendo i modi del documentario, può farlo con una snellezza e una maneggiabilità che le pinguedini della fiction non gli avrebbero permesso.
Collective è costruito attorno a due fuochi: il giornalista Cătălin Tolontan e il Ministro della Salute Vlad Voiculescu, che non sarebbe mai stato nominato se non ci fosse stata a monte l’inchiesta condotta dal primo. È grazie alla loro azione congiunta che a tratti sembrerebbe troncarsi il nodo gordiano di clientelismo politico e profitto speculativo che soffoca il sistema sanitario nazionale rumeno. “Pedinandoli” Nanau riesce a cogliere gli ambienti che li circondano, con un approccio wisemaniano trova il modo di ritrarre l’individuo nell’ingranaggio delle istituzioni. Collective è al contempo la ricerca di una verità collettiva, ma anche di una verità individuale: il film, infatti, “penetra” nei personaggi e cerca di catturarne l’aspetto morale, ma lo fa senza mai aprire sul loro quotidiano; al regista Tolontan e Voiculescu non interessano in quanto persone, ciò che gli preme è osservarli come “attori sociali” all’interno del dramma pubblico in cui si trovano coinvolti: contano non per quel che sono, ma per quello che fanno e senza ciò che fanno non sarebbero nessuno.
Nanau crede in un’oggettività del reale, nella quale interviene per registrare, ovviamente scegliendo secondo un’ottica l’angolo di ripresa ed è qui che il film si rivela più debole; l’impressione è che il registi abdichi a favore dei suoi protagonisti (che inevitabilmente giganteggiano come eroi su una realtà burocratica impantanata in disumane meschinità e spregiudicate piccolezze verso la quale si è spinti a porsi con scetticismo oltranzista e indiscriminato). Paradossalmente, per quanto Collective sia schierato, sembra quasi che Nanau, dietro l’alibi pseudo-osservativo, a tratti si metta in sicurezza rendendosi invisibile.