TRAMA
Trama? Non scherziamo.
RECENSIONI
Se già la serie Scary Movie era una banalizzazione dei classici della triade Zucker-Abrahams-Zucker, i lavori solisti di Friedberg e Seltzer, cosceneggiatori dei quattro scary movies e responsabili in proprio di Date ed Epic Movie, sono il definitivo smacco alla tradizione. Anche i lavori della trinità ZAZ, sia chiaro, non erano affatto tetragoni e umoristicamente coesi (a sprazzi di puro genio comico seguivano spesso decise cadute di stile e di tono) ma se ne poteva sempre apprezzare la ricchezza e la profonda competenza cinefila: gag visive, verbali o sintattiche (in riferimento al linguaggio cinematografico di riferimento) si susseguivano senza soluzione di continuità, tra alti(ssimi) e bassi, ma senza ripetizioni e senza reali vuoti di pressione parodica. Friedberg e Seltzer hanno poche idee, alcune anche decenti, e le ripropongono ad nauseam, fino al disinnesco totale della già flebile vis comica di partenza; in questo Meet the Spartans c’è, fondamentalmente, l’outing della cripto(cripto?)omosessualità dei maschioni unti di 300, il negativo fisico del personaggio di Serse, gag potenzialmente efficaci prolungate oltre i loro limiti strutturali (il “pozzo della morte”), tanta, troppa televisione (American Idol, America’s next top model ecc) e una pletora di sosia (Jolie-Pitt, la Spears, Tom Cruise, Paris Hilton). Le poche volte in cui si alza il tiro (la gag del blue screen) si eccede, di nuovo, in riproposizioni e spiegazioni e gli improvvisi inserti fuori contesto (Ghost Rider, Transformers) non sono vitali schegge impazzite ma, appunto, pretestuosi allungamenti di uno striminzito brodino (84 minuti dei quali almeno 15 giungono come inutile ghost track dopo i titoli di coda – con ulteriore, rambesca postilla finale -). Le due-tre risate strappate e l’insediamento di un germe autoironico (a un certo punto “il film” si autodefinisce, più o meno, come una rozza e poco riuscita parodia di 300) non salvano certo Meet the Spartans dal suo status di sciocchezza a tutto tondo ma il titolo italiano, stavolta, ci pare fin troppo punitivo: “(…)qui c’è un grosso problema alla distribuzione” (il mio meccanico di fiducia, l’altro ieri).