Comico

DICK E JANE: OPERAZIONE FURTO

Titolo OriginaleFun with Dick and Jane
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2005
Genere
Durata90'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Remake dell’omonimo film del ‘77 di Ted Kotcheff, con Jane Fonda e George Segal: Dick e Jane Harper, sposati con figlio, hanno entrambi un buon lavoro e conducono una vita tranquilla. Un giorno Dick ottiene una promozione, ma è solo il preludio della catastrofe che li trasformerà in novelli Bonnie e Clyde.

RECENSIONI

“Commediola hollywoodiana”? “Filmetto”? Sì e no. SI’ perché, del filmetto [1], Fun with Dick and Jane possiede molte delle caratteristiche fondanti: si basa su quella che Noël Burch definisce “narrazione proliferante” (presenza di un’unica idea narrativa intorno alla quale prolifera e gravita tutta la narrazione stessa); è dotato di una regia invisibile asservita all’idea narrativa di base e alla recitazione; dà consistenza tematica alla scenografia, vera produttrice di senso. NO perché la contaminazione, forte, è con un altro genere (forse non altrettanto ma comunque ben) codificato, la commedia di impegno sociale che vede, ad esempio, nel mediocre Full Monty un autorevole esponente. Le sue cartucce migliori il film le spara nella prima parte: dopo un incipit cartoonesco ed efficace (la voce over che descrive i personaggi, i fermo immagine, qualche buon gag) e una prevedibile ma corretta progressione narrativa che conduce a una sorta di re-start (la coppia prima felice ora sul lastrico si rifà una vita malavitosa), la pellicola si affloscia sulla stanca ripetizione di una/due situazioni riproposte in loop con impercettibili varianti e poi crolla miseramente in un finale consolatorio che smentisce ampiamente le premesse. Non solo, infatti, la moderata scorrettezza politica dell’assunto “il furto paga” rientra nei tranquilli binari del socio-politicamente accettabile, ma l’accenno di critica sociale dell’inizio, con la multinazionale GLOBODYNE (ovvio il riferimento al caso ENRON… o a quello PARMALAT, fate voi) che collassa fraudolentemente riducendo sul lastrico dipendenti e azionisti, perde tutto d’un colpo il suo potenziale offensivo anti-american dream allorché riesplode fragorosamente la fiducia nell’uomo, nella giustizia, nell’America. Frank Capra? Bah, sì ma insomma, vuoi mettere. Jim Carrey non sa più che pesci recitativi prendere (modera le smorfie ma si adagia su standard… standard), Téa Leoni appare spesso spaesata e fuori luogo, Alec Baldwin mette il pilota automatico.