Amazon Prime, Azione, Recensione, Thriller

ANNA

Titolo OriginaleAnna
NazioneFrancia
Anno Produzione2019
Durata119'
Sceneggiatura
Montaggio
Musiche

TRAMA

Anna, una giovane donna russa condannata a una vita miserabile, viene notata da un agente del KGB che le offre una via d’uscita. Reclutata da Alex Tchenkov e trasformata in una macchina da combattimento, Anna impara a sopravvivere al di là del muro. Le sue missioni, sempre più delicate e pericolose, eliminano gli avversari politici e preoccupano la CIA, che brancola nel buio. A vederci chiaro è Lenny Miller, agente dei servizi segreti americani che scopre le carte di Anna e le propone uno scambio: tradire la sua patria in cambio della libertà. Anna accetta ma le cose non sono così semplice. Col cuore diviso in due, due paesi e due uomini (Alex e Lenny), la spia venuta dalla miseria si guadagnerà la propria indipendenza a colpi di pistola e di baci ardenti.

RECENSIONI

Anna, come è chiaro fin dal titolo, è il cardine intorno al quale ruota tutta la vicenda. Anna, una sorta di piccola fiammiferaia che, dopo una vita di abusi e tossicodipendenza, si ritrova ad essere agente segreto ora per la Russia ora per gli Stati Uniti. Anna, che Besson fa muovere sul territorio sicuro della Russia della Guerra Fredda, un tempo e un luogo oggi privati del peso politico come già nei recenti Atomica Bionda, Red Sparrow o la terza stagione di Stranger Things. Un tempo e un luogo ideali in cui far danzare liberamente fra i proiettili la protagonista – siamo lontani dalla perfezione coreografica di John Wick ma l'idea è la stessa – senza invischiarsi in implicazioni politiche e in cui poter giocare liberamente.
La vicenda si articola in un periodo compreso tra il 1985 e il 1990, in un continuo slittamento temporale che costantemente avanza e indietreggia ora di 3 ora di 6 mesi. Besson lavora per continue ellissi che sembrano snellire la mole di un concetto ugualmente completamente espresso, salvo poi ritornare sulle stesse scene, completando il mosaico con lunghe inquadrature contrapposte al frammentario montaggio frenetico che utilizza al primo passaggio per dissimulare il suo gioco di prestigio. È il caso della lunga inquadratura nel guardaroba alle Hawaii, quel piano a due tra Anna e Lenny (Cillan Murphy) che rivela il loro incontro e la loro trama in quella che prima sembrava solo una parentesi vacanziera. A volte invece si avvale di un movimento di macchina prima non fatto che svela un tassello di verità prima nascosto, come la camera a scendere che precisa l'ubicazione della pistola sotto la scrivania durante la partita a scacchi. Altre ancora nasconde il colpo di scena nel controcampo negato, come nella sparatoria (a salve) nella camera d'albergo. Un incedere macchinoso, ripetitivo, ma in costante rilancio e sempre efficace.

In contrapposizione alla complessità dell'ingarbugliamento temporale Besson fa leva su concetti e immagini semplici e immediate per rafforzare i suoi parallelismi e le sue idee. Come già accadeva in Lucy, dove gli inserti documentaristici del leopardo che caccia l'antilope andavano a ribadire la natura predatoria di Lucy di leopardato vestita, per Anna Besson rimanda costantemente a due giochi. Il primo sono gli scacchi, che Anna viene a più riprese mostrata giocare, indice diretto di confronto della sua astuzia e bravura nel giocare di strategia. L'altro è la matrioska, il caratteristico insieme di bambole tipico della tradizione russa su cui Besson modella l'intero personaggio di Anna; una struttura di cui Anna è consapevole e che esplicita nel finale autodefinendosi «Una donna all'interno di una donna all'interno di una donna.»
La Anna di Besson, come la sua Nikita, accorcia i capelli, come la sua Lucy ne cambia il colore, da bionda diventa mora, e ancora più camaleontica e caleidoscopica diventa rossa, castana, si fa le trecce, si rasa a zero. Modella, costante trasformista, sia sul set fotografico, sia sul set spionistico. La Anna di Besson è talmente bella e ammaliante da continuare a conquistarci. Siamo come le sue vittime. Nonostante la vediamo costantemente vendersi e fingere per raggiungere i suoi obiettivi ne siamo talmente affascinati da spingerci ogni volta a credere di essere quelli giusti, quelli a cui si concederà veramente e a cui concederà la sua sincerità. Per poi, ovvio, ritrovarci, ma tanto lo sapevamo fin dall'inizio ma è stato comunque bello crederci, vittime del suo ennesimo doppio gioco.