TRAMA
Un uomo e una donna si ritrovano insieme a viaggiare in auto verso l’indefinito dopo essersi fermati a fare due chiacchiere all’uscita di un autogrill dell’autostrada.
RECENSIONI
La forma del road movie (e Wenders ha dimostrato di saperla lunga) è forse quella che determina e ha determinato la vocazione di tutto un cinema portoghese, a partire dal Nuovo cinema affermatosi negli anni ’60. Probabilmente perché viaggiare, spostarsi per esplorare, è da sempre il tratto più peculiare del popolo lusitano, e il racconto di viaggio il suo elemento complementare, connaturale fin dai tempi di Camoes. 98 Octanas del veterano Fernando Lopes, che di quel Cinema Nôvo portoghese si rese iniziatore ancor prima che interprete, distende lungo una geografia intimista il suo percorso alla ricerca di identità fin troppo programmaticamente smarrite. Il noir come genere di riferimento esemplare dal quale far discendere “per deduzione” tutta una teoria di grovigli psicologico-sentimentali diviene un abusato pretesto per la collisione delle due solite solitudini che vorrebbero sottrarsi al consueto incrocio esistenziale. Nelle latitudini ineluttabilmente geometriche dell’autostrada che congiunge Lisbona a Oporto Dinis, ricercato da un’organizzazione mafiosa, vorrebbe perdersi in un qualche varco non-euclideo e sparire per sempre da un’esistenza malavitosa che sente non appartenergli più. Maria è la classica ragazza che deve fuggire adolescenzialmente da se stessa per potersi ritrovare (la casa della nonna diviene punto metaforicamente prospettico della propria maturità). Il momento apparentemente statico del casuale incontro – una stazione di servizio – diventa il punto di fuga che imprime un movimento definitivo alle loro vite. La m.d.p. si limita a testimoniare la scorribanda esistenziale che li attende, registrando ogni sillaba sfacciatamente intrusiva di questa avventura, divenendo non sguardo sussultorio, presente/assente, discreto, come vorremmo che fosse, ma traiettoria visiva chiamata ad invadere costantemente il quadro, sottolineandone le intermittenze emotive con sospesi scorci di supplichevole lirismo. Uno sguardo che penalizzato da un inatteso strascico formalista ne ridicolizza gli assunti.