MAKE MY DAY

Anno Produzione2004

TRAMA

Hee-Jin è una giovane coreana che vive a Berlino. Stufa del monotono torpore che avvolge la sua cerchia di amici, decide di partire per Parigi in cerca di amore e felicità, ma la realtà che le si presenta davanti la conduce presto al disincanto.

RECENSIONI

Aspettando la felicità

Henrike Goetz prova a raccontare i dubbi e le insicurezze dell’attuale gioventù (facendo rientrare in questo termine quella fascia di variegata umanità che va dai venti ai trenta e passa anni) e per farlo mette in scena i problemi di una ragazza coreana poliglotta che vive a Berlino e, dopo avere abortito, decide di raggiungere a Parigi un ragazzo di cui si è innamorata. Quando le sue aspettative saranno completamente disilluse tornerà a casa per riprendere la vita monotona di sempre, non prima però di essere giunta alla conclusione che gli uomini sono destinati a farsi del male l’un l’altro perché è nella loro natura, ma bisogna andare avanti nonostante tutto. Nella narrazione, piatta e lineare, dominano il menefreghismo, la totale assenza di interessi, l’incapacità di comunicare e l’opportunismo. L’autore, con un certo coraggio, mette in scena personaggi antipatici, a partire dalla protagonista, ma non riesce a renderne universali le motivazioni. Si succedono così dialoghi insignificanti (tranne le appiccicate battute conclusive necessarie per spiegare la posizione, fino ad allora di totale distacco, del regista e sceneggiatore), gesti quotidiani che si ripetono per abitudine e rapporti sociali e affettivi fondati sul nulla. Sempre e comunque senza alcun entusiasmo e con la sensazione di una vita più subita che davvero vissuta. Non c'è nemmeno un'originale idea di cinema. Il regista tedesco, infatti, applica uno stile molto vicino al "dogma", con una fastidiosa luce naturale che nelle scene diurne è anche accettabile, mentre negli interni e nelle sequenze notturne assume la classica e orribile sgranatura da cinema verità. Verità che, però, si esplicita solo nella forma, perché i fatti procurano la sensazione di una forzata compressione che stufa in fretta e dice poco.