TRAMA
RECENSIONI
Senza nessun dubbio il momento più alto e indimenticabile di questo festival, “Song of Avignon” è un diamante grezzo di caratura inestimabile, frutto del lavoro di uno dei più grandi e innovativi personaggi che abbiano mai agito nel cinema. “Song of Avignon” è considerabile una scheggia impazzita di quel film struggente e inarrivabile che è stato “As I Was Moving Ahead Occasionally I Saw Brief Glimpses of Beauty”, operazione più unica che rara nella storia del cinema di rielaborazione della memoria individuale (è una rilettura dei filmati in super8 dei momenti più felici della sua vita). In “Song of Avignon” vediamo alcuni frammenti di quel film, quelli riguardanti Avignone, in un viaggio lungo le strade della memoria tra ricordo e allucinazione. Nel cinema di Mekas, nelle sua immagini velocizzate e nelle sua voci fuori campo, si realizza il miracolo della persistenza della memoria attraverso la distorsione della sua visione, come se il suo cinema possedesse il dono di compiere sull’immagine del ricordo esattamente lo stesso procedimento che il tempo compie sul ricordo. E’ raro trovare nella storia esempi di un cinema così puro, semplice, altissimo eppure lontano da qualsiasi compiacimento intellettuale. Un cinema che realizza l’utopia di compiere il semplice percorso che va dall’occhio alla vita, passando attraverso una pellicola super8 che cerca di fermare lo scorrere del tempo, modificandone la velocità di scorrimento, trattenendone dei frammenti.
