TRAMA
Xavier è viene abbandonato dalla madre e finisce in un istituto. Dopo qualche anno esce e si trova alle prese con una vita incerta, tra turbamenti amorosi e il solido legame che lo unisce all’amico Ipolito.
RECENSIONI
E’ con un particolare orgoglio che il festival quest’anno ha presentato questo film problematico, dalla gestazione difficile, girato nel 1991 e terminato soltanto quest’anno grazie all’intervento di Paulo Rocha come produttore. Non a caso Manuel Mozos cita apertamente “Os verders anos” con le bellissime sequenze in cui due protagonisti passeggiano sulle desolate colline all’estrema periferia di Lisbona, con i grattacieli che si stagliano sullo sfondo. Ma al di là dell’omaggio sono due film che presentano un diverso sentimento nei confronti della città. Se per Paulo Rocha era un conflitto insolubile, un’estraneità crescente tra personaggio e ambiente circostante, per Mozos è una Lisbona che stringe i suoi personaggi al cuore, chiudendoli dentro le sue stanze, lasciandoli camminare sui suoi tetti (e trattenendoli quando stanno per cadere, vittime di una pulsione di morte che serpeggia in tutto il film) e lungo le sue strade. Se il protagonista di “Os verdes anos” veniva brutalmente espulso da una mancata integrazione, Xavier viene invece trattenuto dentro la città da una ragnatela di legami affettivi che lo riportano “dentro” anche dopo aver deciso di uscire, dopo essersi stabilito in campagna a lavorare in una pompa di benzina, dopo aver cercato di partire per l’Africa. Ottima e splendidamente diretta la compagnia degli attori, con due “star” del cinema portoghese come Isabel Ruth e Alexandra Lancastre. L’unico rammarico è per i dissidi produttivi che ne hanno forzatamente modificato il finale.
