Drammatico, Fantastico

I GIORNI IN CUI NON ESISTO

Titolo Originale Les jours où je n'existe pas
NazioneFrancia
Anno Produzione2002
Durata114'

TRAMA

Il problema di Antoine è che esiste un giorno su due. A mezzanotte di colpo sparisce per riapparire all’improvviso ventiquattr’ore dopo nello stesso posto. Fino a ora ha vissuto rinchiuso nel proprio appartamento contando su una rendita, senza concedersi alcun incontro, e convivendo come ha potuto con il suo inconfessabile handicap. Ma ecco che incontra Clémentine, che vive a tempo pieno.

RECENSIONI

Sciatteria d'oltralpe

Gene Kelly in "Brigadoon", indimenticabile musical di Vincente Minnelli, si trova a dover scegliere tra l'amore e la rassicurante ordinarietà della vita. Eh sì, perché il paese in cui è capitato, e dove ha incontrato la bella Cyd Charisse, compare solo un giorno ogni cento anni. Più o meno quello che accade ad Antoine nel lungometraggio di Jean-Charles Fitoussi, con la differenza che il protagonista vive solo un giorno su due: ogni ventiquattro ore scompare per poi ricomparire nello stesso punto ventiquattro ore dopo. La poco originale ma simpatica idea, potenzialmente ricca di sfumature, diventa il pretesto per un tedioso quanto finto-provocatorio pistolotto pseudo-filosofico. Il regista dilata allo sfinimento ogni sequenza, gli attori sono forzatamente ingessati e inespressivi e una fastidiosa voce fuori campo commenta più di metà film, aggiungendo poco all'inconsistenza delle immagini. L'assurdità del soggetto non trova sufficiente ironia nella messa in scena adottata dal regista che ripropone stancamente la stessa idea, senza alcuna rilevante progressione e senza preoccuparsi minimamente di interessare chicchessia. Tanto che alla fine è lo spettatore ad avere la sensazione di vivere un fotogramma su due. L'altro, prigioniero nel grigio delle intenzioni.                          

La vicenda è quella di Antoine, che esiste soltanto un giorno su due. Quando, dopo anni di vita solitaria, si innamora di Clémentine i due insieme tentano una difficile convivenza. “Le jours ou je n’existe pas” è stato probabilmente uno degli oggetti più curiosi e fascinosi visti al festival. L’abilità di Jean-Charles Fitoussi (tra l’altro autore di “Siclia! Si gira”, film che documenta la realizzazione del film di Straub e Huillet) è stata quella di costruire il film incastrando un curioso elemento fantastico dentro una cornice quietamente realista e malinconica. Un film divergente (nonostante la convergenza finale), che con estrema eleganza si divide tra i frammenti di un viaggio (condotto dal sempre grande Luis Miguel Cintra) e le abitudini della vita di Antoine, tra la voce fuoricampo di un narratore esterno (Cintra, appunto) e la voce del protagonista. Fitoussi racconta quasi con timore e con grande rispetto per i suoi personaggi, lasciando respirare a fondo ogni singolo piano del film, conscio del fatto che al cinema uno stacco di montaggio segna il limite tra l’esistenza e la non esistenza.

Affascinante l'idea di partenza: un uomo che esiste solo a giorni alterni e che deve adattasi alla realtà di questa assurda modalità esistenziale. Il giovane Fitoussi è stato collaboratore di Straub e Huillet e la lezione dei due è evidente, esternandosi in uno stile asciutto e rigoroso: tempi dilatati, ambienti nudi in cui spiccano oggetti come nature morte, personaggi quasi sempre fermi, un recitare quasi straniato. Peccato che il film, cui non è estranea una vena ironica spesso felice, vada a corrente alternata proprio come il suo protagonista: ad alcuni momenti ben concepiti (la descrizione del rapporto con la ragazza; tutta la parte in cui si decide, per il bene del protagonista, di far sì che non torni più ad esistere) ne seguono altri più anodini e supponenti che travolgono le buone intenzioni dell'autore ricoprendo la pellicola di una patina "arty" che sa un po' di stantio.

Pretenzioso e supponente come solo certo cinema francese sa essere, il film di Fitoussi ambisce all’arte da tutti i pori e profonde a volontà silenzi, lentezza (rectius: lungaggini) e indugiare di sguardi. La vicenda “fantastica” e parafilosofica dell’uomo che esiste a giorni alterni dovrebbe rivitalizzare il tutto e mettere al riparo dalla seriosità incombente, che invece non solo incombe ma irrompe e la fa da padrona, a dispetto di certe escursioni nei territori dell’ironia. Condisce il tutto una voce fuori campo ridondante e letteraria nel senso deteriore del termine. Sorpres(in)a finale, dopo i titoli di coda ci aspetta un lungo piano sequenza: la cinepresa inquadra uno scarno paesaggio, fa una lenta panoramica orizzontale di 360 gradi, poi zooma altrettanto lentamente sul nulla e si ferma. Fastidiosamente inutile come tutto il film.
Nota finale à la Mereghetti: il regista Jean-Charles Fitoussi è, dal 1996, assistente alla regia di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet.