DEPARTURE

Anno Produzione2001

TRAMA

Tre amici a fine liceo, l’ultima notte assieme prima che sorga il sole e arrivi la partenza.

RECENSIONI

Un piccolo capolavoro che rimarrà sconosciuto qui in Italia, come lo sono stati i suoi predecessori, sul piano della qualità, nelle passate edizioni del Torino Film Festival.
E se non potrà raggiungere tutti, lo terremo accanto a noi con la sua purezza formale, la trama essenziale, il godimento visivo, gli ampi sguardi del Kitano più visionario e allo stesso tempo pacato e i sentimenti di una notte, fino all’alba, di tre ragazzi, ormai vicini a diventare grandi, manca poco: il sole. Si rincorrono e si sfiorano, mentre le loro esperienze, a distanza, nella serata si intrecciano nel montaggio di Yosuke, forse per l’ultima volta: Kazuya andrà a frequentare l’università a Tokio, Shusuke, non andrà a studiare a Londra come ha raccontato, diventerà pescatore.
Le parallele su cui correvano le loro vite si separano, là dove è nata la loro amicizia, dove la conchiglia di Shusuke, quella della "fortuna", scende e si posa tra l’azzurro del mare.

Per pensare con gli occhi.

                          Mauro Ravarino

Tre amici nella probabile ultima notte sulla stessa piccola isola giapponese. Le strade del futuro divergono per loro ma quest'ultimo cristallo notturno, pur divisi in esperienze parallele - abbandono, amore, ricerca di sé - si innalza puro nelle memorie a venire. L'estasi momentanea nella natura raffrena i facili sentimentalismi in forme che nella contemplazione si fanno raffinate sensazioni. I tre protagonisti, dopo il breve prologo nell'infanzia di Shusuke, si incontrano, chiacchierano, si separano brevemente, istanti di vita, piccole avventure notturne dalle tinte sfumate, della commedia, del dramma e nella gentilezza.
La regia di Nakagawa segue sinuosa i giovani protagonisti, i loro gesti avvolgendoli in ambienti che, a volte incredibilmente, risuonano dei sentimenti che in loro s'agitano; brevi quadri fissi intercalano la vita e l'acqua, i fiori ed una conchiglia dilatano le percezioni soppiantando dialoghi non sempre brillanti con un nitore facilmente poetico ma toccante, indubbiamente.

Intimismo d'oriente

Ci sono lungometraggi che durano ottanta minuti ma paiono eterni. Il giapponese "Departure" rientra tra questi. Il film racconta l'ultima notte insieme di tre giovani prima di importanti, o comunque decisive, scelte di vita. Uno deve partire il giorno successivo per Londra, un altro deve confessare un segreto alla fidanzata, mentre per il terzo si prospetta una noiosa serata come cameriere ad un Karaoke-Bar. Ognuno di loro, attraverso incontri casuali e non, riuscirà a capire qualcosa in più del proprio modo di essere.
Succede, in alcuni film, di perdersi nella quotidianità di persone che non si conoscono, con cui si condividono paure, speranze e moti inconsci. E quando accade, la lentezza delle sequenze può aiutare ad acclimatarsi gradualmente e a condividere dettagli visivi che, spesso, riescono a raccontare più delle parole. All'inizio è così anche per "Departure", ma le ambizioni poetiche si scontrano presto con il tedio di una narrazione inconcludente, che le poche raffinatezze non sono in grado di compensare. Si prova quindi un po' di curiosità per il destino dei tre giovani, ma si vorrebbe conoscere di più, anche del sottobosco sociale in cui le vicende sono ambientante, rispetto a ciò che i lunghi, silenziosi e spesso noiosi piano-sequenza riescono a comunicare.