TRAMA
L’università di Harvard ha una studentessa molto speciale: Cindy Bandolini, il sogno proibito della grande maggioranza dei ragazzi del campus. Cindy fa la cheerleader, è carina e molto ricca. Suo padre è un boss della malavita e Cindy sa come manipolare un uomo. Alan Jensen, studente di filosofia, è il capitano della squadra di basket. Cindy lo convince a truccare gli incontri. L’F.B.I., però, comincia ad indagare.
RECENSIONI
Paura e delirio a Harvard (con brio)
James Toback, nome più noto agli addetti ai lavori che al grosso pubblico (sua, ad esempio, la sceneggiatura di "Bugsy"), dopo il folgorante debutto con "Fingers", del 1978, ha proseguito una carriera altalenante senza nessun grosso successo commerciale. Dopo "Black and white", apparso fugacemente sui nostri schermi, eccolo di nuovo dietro la macchina da presa con "Harvard man". Un film piacevole, ironico, con una prima parte dal ritmo vertiginoso che conferma le doti di Toback come abile e non comune narratore. Una storia già vista di scommesse clandestine, sesso, droga e tanti soldi, viene raccontata in modo molto fluido e coinvolgente. In particolare colpisce la continua sovrapposizione di piani narrativi diversi, temporalmente non allineati. Ecco quindi due personaggi che elaborano un piano inframmezzati dal risultato della loro discussione, a sua volta spezzato da un incontro successivo, conseguente al primo accordo. Molto più complesso da descrivere (e sicuramente da sceneggiare) che da seguire sullo schermo, dove le immagini e le situazioni si susseguono in modo frenetico ma complice. Nella seconda parte il protagonista subisce i contraccolpi di una LSD casalinga dagli effetti devastanti. Le trovate visive che ne conseguono sono divertenti, ma debitrici delle distorsioni degli strafatti protagonisti di "Paura e delirio a Las vegas", per cui colpiscono senza stupire.
Riuscita la caratterizzazione dei personaggi, sempre in qualche modo imprevedibili e sfuggenti, e l'interpretazione degli attori: Sarah Michelle Gellar si conferma "lolita dark" con l'arma dell'ironia, mentre il giovane Adrian Grenier si segnala come un nome da tenere d'occhio.
Dopo un po' il gioco narrativo, intellettualmente solleticante ma non certo distensivo, rischia di incepparsi. Ma James Toback riesce sempre a controllare personaggi, situazioni e storia, confermandosi un regista da rivalutare e, sicuramente, riscoprire.
