L’AIMÉE

Anno Produzione2007

TRAMA

La vendita della casa di famiglia è l’occasione per un tuffo nel passato: rovistando nella soffitta e nei cassetti, Arnaud si confronta con la figura della nonna Thérèse, morta di tubercolosi diciotto mesi dopo aver dato alla luce il figlio.

RECENSIONI

La fixée

Spaventato dalla vendita della vecchia casa di famiglia, Arnaud Desplechin cerca in tutti i modi di trattenerne la linfa sentimentale tramite la fissazione cinematografica. Armato di una strumentazione essenziale e di un’équipe ridotta all’osso, il cineasta francese si getta a capofitto nella vertigine (Vertigo è musicale sottotesto) dei ricordi, interrogando il padre sulla fuggevolezza di questa enigmatica figura femminile presto sostituita da un’altra donna nella vita familiare. Un essere di passaggio, un’ombra delicata e inafferrabile: questo il ritratto che emerge progressivamente dall’esplorazione delle memorie grafiche e fotografiche di Thérèse, giovane infermiera ammalatasi di tubercolosi a causa del rischioso tirocinio presso un sanatorio. Pelata gradualmente, la pellicola dei ricordi giunge al nocciolo affettivo in un toccante dialogo col padre in cui emergono i rimossi e le piccole falsificazioni, tenere e crudeli. Tenerezza e crudeltà che di fatto informano l’intero documentario privato di Desplechin, sospeso e oscillante tra affettuosità e rapacità. Un gesto d’amore impresso sui fotogrammi ma anche un rituale ossessivo vagamente delirante: catturare la sostanza sentimentale di un luogo (di un’esistenza, di una famiglia di una storia) e consegnarla integralmente al cinema. Torna prepotente alla memoria il baziniano complesso della mummia: imbalsamare la vita per strapparla all’inevitabile dissolvimento. E proprio in tale semplicità intrisa di ingenuità sta forse il limite maggiore di questo diario intimo documentato dal cinema: un’illusione che a lungo andare si spoglia della tenerezza per mostrare un volto violentemente macabro. Non c’è sentimento della perdita se non nello spazio di una riproduzione fotografica, si passa direttamente dalla vita al “desiderio di rimpiazzare il mondo esterno col suo doppio” (Bazin). L’aimée è anche la fixée