EL VIENTO

Anno Produzione2005

TRAMA

Buenos Aires. Alina, dopo la morte della madre, si riavvicina al nonno.

RECENSIONI

Via col ventre

Un uomo impugna una pistola, esce di casa, si mette in cammino; una premessa d’adeguata secchezza che introduce purtroppo all’ennesimo, sterile, masturbatorio confronto famigliare. Scegliendo di relegare altrove il lutto materno (EL VIENTO si apre dopo la morte della donna) Mignona si concentra su volti ed espressioni, indugiando nel solco del viso e nella quotidiana ripetizione dello stesso gesto, seguendo una trama indecorosamente esile, rinforzando il brodo con ironia piuttosto risaputa (ogni situazione similcomica, infatti, deriva dal confronto città-campagna che si consuma nella persona di Frank, finora mai allontanatosi dalla Patagonia). La figura dell’anziano impiccione, servita da un intenso Federico Luppi (quello di ANGELI ARMATI di Sayles), lentamente si introdurrà nella vita di Alina ripercorrendone le tappe (dal fidanzamento alle corna) sino all’inversione finale: la confessione di un torbido segreto, doloroso quanto grottesco, è il vento che reca sollievo nell’anima. Tutto questo molto più approssimativo e confuso di come l’ho descritto: il film spesso gira a vuoto, costretto nelle sabbie mobili della ripetizione, ostaggio di un soggetto appena da cortometraggio. Spadroneggiante ormai la noia, alla “sorpresa” finale (quasi poliziottesca) non chiediamo certo verosimiglianza ma perlomeno pertinenza narrativa; niente da fare, il film si arena alla vestaglia sgualcita della mummia di Jessica Fletcher.