TRAMA
Quanto si può vivere in 32 secondi? Nel corso di alcuni mesi seguiamo, nel chiuso della sua stanza, la vita di Ivan, un ragazzo solitario, ripresa ogni giorno, alla stessa ora, per 32 secondi. Ivan fa la conoscenza di una coppia di giovani attori che lo coinvolgono nelle prove del loro spettacolo e in un rapporto sentimentale e sessuale. Un amico cieco, a cui dà una mano a preparare gli esami universitari, gli regala una videocamera con la quale comincia a interessarsi anche alla realtà esterna, avviando così un processo di maturazione.
RECENSIONI
Cornice senza quadro
Pare statisticamente verificato che 32 secondi sia la capacità massima di concentrazione guardando un'immagine, e così il regista messicano Jesus-Mario Lozano suddivide il suo lungometraggio di 80 minuti in piani sequenza di, appunto, 32 secondi, tutti ripresi alle 11.32 di ogni giornata. Per chiarire la psicologia del protagonista aggiunge inserti in stile docu-confessione che sostanziano, come una sorta di diario filmato commentato fuori campo, la sua solitudine e la graduale emancipazione. Ivan è un ragazzo che si sente bloccato a livello emotivo in una indifferenza cosmica a stretto confine con la depressione, dalla quale uscirà attraverso l'amicizia con un ragazzo cieco e grazie alle esperienze affettive e sessuali con una coppia di attori. L'idea di imporre un vincolo al racconto in modo da scandirlo con ritmo e precisione, non è nuova ma offre, almeno sulla carta, spunti di interesse. La realizzazione, però, non convince. A togliere verità alla messa in scena, e a mettere a nudo la gratuità dello stratagemma narrativo di partenza, è soprattutto l'approccio invasivo della regia. Si percepisce costantemente un calcolo nella selezione degli episodi da mostrare allo spettatore. La scelta deriva ovviamente dalla necessità di far crescere i personaggi, aggiungendo ogni volta dettagli significativi, ma l'equilibrio finto casuale di ciò che si vede e di ciò che viene negato, si rivela una forzatura. La cornice matematica diventa quindi un mero pretesto e niente più. Con o senza trovata dei 32 secondi, comunque, non è che questi "Jules e Jim" messicani sembrino avere poi molto da dire.

Un ragazzo in una teca di vetro (come le sue tartarughe) in un puzzle di momenti qualunque che, paradossalmente, proprio quando non tendono a niente risultano più riusciti.
Vada per la struttura rigida, è un’idea ed è legittima. In 32 secondi può accadere tanto o niente e far intuire da quei frammenti come evolvono le vicende del protagonista è cosa tutt’altro che semplice; questa difficoltà, la vera sfida di ASI’, non giustifica però il ricorso a espedienti (gli intermezzi girati con la videocamera che portano l’occhio dello spettatore fuori dalla stanza in cui Ivan vive) che contraddicono il dato caratterizzante di partenza: se il senso dell’operazione è nell’idea centrale, se questa viene tradita (nello spazio e nel tempo e piazzandoci pure la voce fuori campo del protagonista) tutte le volte che è comodo prendere delle scorciatoie bassamente esplicative, allora stiamo davvero perdendo tempo: il film diventa quel che è, la banale storia di un triangolo amoroso e stop.
