Documentario, Recensione

LEVEL FIVE

Titolo OriginaleLevel Five
NazioneFrancia
Anno Produzione1997
Durata106'

TRAMA

Laura, una donna bellissima, tenta di completare un videogioco sulla battaglia di Okinawa lasciato incompiuto dal marito scomparso. Immergendosi nel dolore di questa tragedia immane e manipolata (dei 150 mila civili morti qualcuno sa qualcosa?), la donna mescola la propria sofferenza con quella della popolazione di Okinawa. L’individuale e il collettivo si fondono sotto l’insegna della perdita.

RECENSIONI

Girato in video con una 3CCD Sony, Level Five è un meraviglioso esempio di cinema dell’intimità. Non cinema intimista – stare attenti! – ma vero e proprio cinema dell’intimità: una donna di struggente bellezza dialoga con una telecamera piazzata di fronte a lei, alla quale consegna riflessioni di doloroso lirismo e feroce tenerezza sulla natura del suo lavoro (portare a termine il gioco di strategia lasciato incompiuto dal marito scomparso) e sulla sostanza drammatica della realtà cui il gioco si riferisce. Col suo sconvolgente numero di morti (100.000 militari e 150.000 civili, un terzo della popolazione dell’isola, questi ultimi protagonisti di un suicidio collettivo di proporzioni apocalittiche), la battaglia di Okinawa diventa la piattaforma tragica per il dolore di Laura: il Level Five del titolo, termine assoluto in cui individuale e collettivo si fondono nella dimensione universale della compassione. In questo senso Level Five sublima la concentrazione del ripiegamento intimistico nella moltiplicazione tanatologica, conferendo alla sofferenza privata di Laura una statura intimamente cosmica. Eppure l’implosione del dolore provocato da questa vertiginosa presa di coscienza non si avvale di bassi espedienti manipolatori o stratagemmi retorici: tutta centrata sullo sforzo di ricomposizione di un pietrificante frammento di Storia, l’elaborazione videoludico-storiografica di Laura (assistita dal lavoro dell’amico Chris, “asso del montaggio”, profondo conoscitore del Giappone e interpretato “vocalmente” dallo stesso Marker) è intessuta di sentimento e intelligenza, pathos e logos, cuore e cervello. Ancora una volta è puro e semplice amore per la conoscenza, come in ogni opera markeriana. Il vero compito di Laura non consisterà dunque nel terminare il gioco offrendo al gamer la possibilità di modificare liberamente il corso della Storia, ma al contrario entrare nelle pieghe della sua annichilente verità e, una volta rimossa la coltre occultante della propaganda mediatica, silenziosamente perdervisi. Dissolvendosi nel Level Five: un altrove di sfuocata invisibilità amorosa. Ma se tutto ciò non vi bastasse – incontentabili! –, Level Five è anche l’occasione per rivedersi uno splendido classico del noir: Laura di Otto Preminger. Che in italiano, vedi caso, si intitola Vertigine. Vi viene forse in mente qualcosa?