LE CERF-VOLANT

Anno Produzione2003

TRAMA

Lamia, sedici anni, promessa in sposa al cugino, il giorno del matrimonio attraversa le barriere di filo spinato che separano il suo villaggio libanese da quello dello sposo, annesso da Israele. Ma la ragazza, costretta ad abbandonare tutto per raggiungere la famiglia del suo consorte, non accetta la sua nuova condizione e torna indietro.

RECENSIONI

Bombardiamo queste genti per evitare a un popolo innocente un bagno di sangue e un regime totalitario.
Robert S. Mc Manara
Segretario della difesa USA 1961 - 1968

Siamo alle solite: basta dire cose condivisibili, basta a un autore recriminare su una situazione insostenibile per portarci a parlare bene del suo film? L'AQUILONE, molto gradito dal pubblico e vincitore di un esageratissimo Leone d'argento, se da un lato, a una base drammatica, antepone i toni ironici (i facili siparietti in cui le famiglie dei due sposi comunicano, da un capo all'altro della barriera che li separa, mediante megafoni, contrattando la sorte dei giovani promessi) dall'altro mischia denuncia annacquata e lirismo d'accatto, affidando una poeticità da riporto a metafore ingenue (quando va bene) o scontatissime (il più delle volte). La ragazza non accetta lo sposo impostogli, abbandona Israele, torna nella comunità libanese d'origine dove sarà additata per la scelta compiuta: lei che, all'inizio, non ha avuto paura, sfidando mine e fucili puntati, di disincagliare un aquilone, che come la sua anima imprigionata, si era impigliato nell'insensato filo spinato che separa due terre; lei che coltiva un amore tutto di sguardi con uno dei soldati posti a guardia di un confine che scotta. Si potrebbe discutere dei temi che la regista mette sul tavolo ma sarebbe ingannevole, tanto varrebbe ammettere subito che di bel cinema, con questo LE CERF-VOLANT, non se ne parla proprio: la favoletta non ha nessuna impennata, il coinvolgimento è zero, la scrittura mediocre, le dinamiche straviste: il film scivola via, retorico e piatto, senza lasciare traccia alcuna.

Oltre il Confine

Può succedere di addormentarsi in Libano e svegliarsi in Israele, o viceversa. Sembra incredibile, ma è quanto accade nel film "Le cerf-volant", in cui il confine tra i due stati potrebbe variare anche ogni giorno a seconda degli esiti di un lungo ed estenuante conflitto che porta quotidianamente conquiste o perdite di territorio. Il variabile limite geografico è lo sfondo di una classica storia di matrimoni combinati: lei, giovane e innocente; lui, giovane e innocente; non si amano, ma per convenienza reciproca dovrebbero farlo. La tesi è dietro l'angolo, alcuni dialoghi e scelte di sceneggiatura scadono nel didascalico, ma il film ha una grazia d'insieme che va oltre la facile lezione pacifista. L'assurdità descritta si insinua sottopelle, attraverso la rappresentazione di villaggi suddivisi da un confine imposto dall'alto che costringe gli abitanti, a volte appartenenti a uno stesso nucleo familiare, a vivere separati da un provvisorio ma invalicabile filo spinato e a comunicare tramite megafono. La regia della libanese Randa Chahal Sabbag sfrutta con abilità il folclore locale senza cadere nel folcloristico e filma con astuta leggerezza l'assenza di ragione a cui i personaggi sono costretti a soccombere, applicando un taglio favolistico venato di poesia. Bellissima la giovane protagonista Flavia Bechara cui, solo a tratti, la regista riesce a rubare sguardi di giovanile e spontanea esuberanza. Nonostante le facili metafore (l'equazione "aquilone" =  "libertà" è delle più sfruttate) il film arriva dritto al cuore. Bello il tramonto velocizzato che, con democratico silenzio e ineluttabilità, fa calare il buio sul Libano, su Israele e sul temporaneo filo spinato che li separa.
Il Gran premio della Giuria attribuito al Festival di Venezia pare, però,  più un riconoscimento all'importante messaggio veicolato che al valore cinematografico dell'opera.