TRAMA
FILM 1: IL POPOLO PIU’ FELICE DELLA TERRA._x000D_
Hermann Simon e Clarissa Lichtblau si incontrano a Berlino dopo 17 anni, la storica sera del 9 novembre 1989, durante i festeggiamenti per l’abbattimento del Muro. Hermann è diventato un affermato direttore d’orchestra, Clarissa una cantante lirica. I due, cominciata una nuova relazione, decidono di andare a vivere insieme e di far ristrutturare, a tale scopo, una vecchia casa di montagna vicino a Schabbach, il paese che Hermann aveva abbandonato tanti anni prima in cerca di una patria (heimat) che non si identificasse con la terra d’origine ma con l’età e l’esperienza dell’adulto. Durante un soggiorno a Lipsia Clarissa conosce Udo e Gunnar, due operai specializzati che conduce ad ovest per affidare loro i lavori della casa. Ad essi si aggiungeranno Tobi e Tillmann. Intanto la madre di Clarissa non vede con favore il rinato idillio della figlia con Hermann ritenendo che la distolga dalla sua celebrata attività di cantante._x000D_
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FILM 2: CAMPIONI DEL MONDO_x000D_
1990. La casa di Hermann e Clarissa è stata ristrutturata in soli sette mesi e l’evento è festeggiato mentre la televisione rimanda le immagini dei campionati di calcio italiani che vedranno il trionfo tedesco. Ernst, il fratello di Hermann, cerca di convincere invano Tobi ad accompagnarlo nella disgregata Unione Sovietica per cercare opere d’arte in svendita; Gunnar, abbandonato dalla moglie, trova lavoro a Berlino smerciando pezzi di Muro alla Warner Bros; Udo va a Roma con la famiglia a vedere la finale Germania-Argentina._x000D_
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FILM 3: ARRIVANO I RUSSI_x000D_
1992. Mentre le basi americane dell’Hunsruck vengono progressivamente abbandonate, Ernst torna dalla Russia dopo due anni di imprigionamento conducendo a Schabbach un gruppo di profughi russi. Galina, una di questi, trova lavoro nella magione di Anton, il fratello maggiore di Hermann, potente industriale. Il figlio di Anton, Hartmut – che sta tentando di avviare una nuova attività, stanco di rimanere all’ombra del padre – se ne innamora. Intanto Lulu, la figlia di Hermann, è venuta a trovare il padre in compagnia di due giovani, Lutz e Roland. Una notte, dopo aver festeggiato la loro laurea, il taxi che conduce a casa i tre giovani ha un incidente frontale con la Porsche di Hartmut in cui Lutz, padre del bimbo che Lulu porta in grembo, perde la vita._x000D_
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FILM 4: STANNO TUTTI BENE_x000D_
1995. La carriera porta Clarissa sempre più lontano da casa e da Hermann. Anton muore all’improvviso e Hartmut prende la guida dell’azienda preannunciando cambiamenti. Al funerale di Anton, Hermann incontra la sua ex moglie Schnussen, madre di Lulu, presente anch’ella con il figlio Lukas. Al ritorno dalle esequie Hermann ritrova Clarissa a casa: è disperata, ha interrotto la tournée, una grave malattia la minaccia._x000D_
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FILM 5: GLI EREDI (aka FOLLOW ME/SEGUIMI)_x000D_
1997. Mentre Clarissa è in ospedale, con Hermann ad assisterla, per un tumore dal quale riuscirà però a riprendersi, Ernst Simon incontra il figlio di una sua inserviente slava, ex amante, Matko, che ha, come lui, la passione per il volo. Avendo Matko 14 anni, tanti quanti ne sono passati dal legame con la madre, l’uomo spera si tratti di suo figlio. Ernst sogna di aprire un museo a Schabbach per esporre la sua ricca collezione d’arte ma il progetto, portato avanti con Lulu, viene bocciato dalle autorità locali. Sconfortato, l’uomo si schianta con il suo aereo contro una montagna. La sua eredità diviene oggetto di contesa: tra i parenti c’è chi vorrebbe proseguire nel progetto museale e chi, come Hartmut, in gravi difficoltà economiche e un’azienda in liquidazione, preferirebbe vendere le opere per ricavarne il necessario a risolvere le pendenze. Matko diviene pedina decisiva, concentrandosi su di lui molti timori in ordine a sue possibili rivendicazioni ereditarie. Ma il ragazzo, soffocato dalle attenzioni e dalle invidie di tutti, addolorato per la morte di Ernst, si suicida nello stesso luogo in cui l’aereo di Ernst si era schiantato. L’esame del DNA rivelerà l’inesistenza della paternità di Ernst._x000D_
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FILM 6: CONGEDO DA SCHABBACH_x000D_
1999. Gunnar è a Monaco, durante l’eclisse solare, per un breve periodo di detenzione per guida in stato di ebbrezza. Prima di consegnarsi alle autorità va a trovare l’ex moglie e riallaccia il legame con una delle figlie. Dalla prigione concepisce un piano: una festa grandiosa nella casa di Hermann e Clarissa a Schabbach che riunisca tutti le persone care, per salutare insieme l’arrivo del 2000. Lulu, naufragato il progetto del museo Simon e persa la collezione (inghiottita dalla terra che la custodiva, dopo un terremoto), festeggia il capodanno in compagnia del vecchio amico Roland, malato di AIDS e vicino alla morte. Tornata a casa trova suo figlio al piano alle prese con una sonatina di Mozart. Lulu sembra piangere per l’emozione, mentre il suo volto tradisce tristezza e disperazione._x000D_
RECENSIONI
…il Tempo, che, d’ordinario, non è visibile, che per diventar tale va in cerca di corpi e che, dovunque li incontra, se ne impossessa per mostrar su di loro la propria lanterna magica…
Marcel Proust “Il tempo ritrovato”
I due cicli di HEIMAT (1984 e 1992) hanno senz’altro costituito una delle più importanti realizzazioni del cinema europeo degli ultimi 20 anni, ottenendo unanime consenso critico e raccogliendo un pubblico fedele che ha seguito con passione le vicende narrate, affezionandosi ai tanti personaggi che le hanno popolate. Non sorprende dunque la grande partecipazione e il caloroso applauso con i quali Torino ha accolto Edgar Reitz in occasione della presentazione di questa terza serie. HEIMAT 3 è l’ulteriore contributo alla costruzione di un monumento filmico al Tempo nel quale, dunque, i personaggi sono visti come figli di un’era precisa, elementi in rilevo su uno sfondo storico sul quale si succedono le vicende individuali che vengono rappresentate.
E’ evidente, e lo riconosce per primo il regista, che la letteratura costituisca un potente riferimento nella costruzione di questo progetto (le sporadiche voci over dei protagonisti sono fortemente caratterizzate in tal senso) anche se più che i manniani Buddenbrok (che rimangono esempio fulgido di storia familiare, un paradigma sempre suggestivo che ospita naturalmente contrasti, conflitti, problematiche legate al nodo fondamentale – sottolineato anche nei film di Reitz – che quello di sangue è un vincolo ineludibile: la famiglia è una gobba nodosa che si trascina tutta la vita dirà Anton nel quarto episodio, La famiglia resta la cosa più forte ribadisce Hermann nell’ultimo film) il riferimento chiave sembra essere ancora una volta Proust e la sua Recherche (dice Reitz che se è vero che esistono due tipi di tempo – quello reale e quello filmico – è il secondo a consentire di rivivere e dunque ritrovare il primo), riferimento che trova una completa esplicitazione nella festa finale che riunisce tutti i protagonisti dieci anni dopo il loro incontro.
Il primo episodio pone sul piatto il tema cardinale della speranza e di un miraggio di felicità che sembra acquistare sostanza: la coppia Clarissa/Hermann si riforma il giorno in cui anche le due Germanie si riuniscono e il generale clima di euforia, l’ottimismo nel guardare al futuro della nazione germanica riflette quello col quale la coppia guarda al proprio (una nuova nazione, una nuova intesa amorosa, una nuova casa): ed è nel perenne interrogarsi sulla dialettica tra individuale e collettivo e nell’elemento della nostalgia (Reitz ha sottolineato come la nostalgia sia un sentire proprio dell’animo tedesco e se si pensa che per quarant’anni anni i tedeschi sono stati repressi dalla presenza del Muro si capisce come sia stato proprio questo sentimento, più che la politica e il mercato, ad abbattere la storica barriera – nel terzo episodio leggeremo la scritta: Il Muro è nelle nostre teste -) che si trovano le tracce della tradizione romantica (citata anche musicalmente: Schumann, Schubert) che rinviene proprio nell’arte la definizione soddisfacente di tale dialettica. In questa serie, dato il periodo storico trattato, lo sguardo si rivolge anche all’Est, le speranze riguardando ovviamente anche la parte orientale della Germania che rinviene in sé nuovi auspici ma anche nuove responsabilità (si dice nel secondo episodio:”Prima il fallimento dipendeva dal regime, oggi il fallimento dipende solo da noi”); ma già dal terzo episodio si comprende come questo epocale mutamento della situazione politica e sociale abbia ripercussioni impreviste e problematiche sulla vita dei protagonisti (e, quindi, nell’ottica reisziana che si eleva dal particolare al generale, nella condizione della nazione tutta) e come l’abbandono di una vecchia visione germanica sia stato tutt’altro che facile (il quarto episodio, al di là dell’ironico titolo, sottolinea proprio la traumaticità dello strappo).
Come nelle precedenti serie il primo episodio appare il più congestionato avendo il compito di ambientare lo spettatore nel contesto storico e di presentare personaggi che, nei capitoli a venire, una volta resi riconoscibili, avranno modo di essere approfonditi. Purtroppo i capitoli seguenti non dissipano l’impressione di un tangibile calo ispirativo rispetto al passato: il registro visivo è sicuramente meno folgorante, la narrazione frammentata in eccesso, alcuni eventi presentano una drammaturgia forzata (l’abbandono di Gunnar da parte di Petra e la relazione di quest’ultima con Reinhold, la tresca Hartmund-Galina) o semplicistica, altri una sottolineatura simbolica poco elegante (la statua di Lenin in rottamazione, lo smercio dei pezzetti di muro all’industria dello spettacolo americana, i russi che vanno ad abitare nelle case occupate in precedenza dai soldati della Nato) o una deriva melodrammatica fuori tono, prevalendo in alcuni casi addirittura una tendenza macchiettistica che poco ha a che vedere con la leggerezza cui Reitz ci aveva abituato (questo per non parlare del vertiginoso calo d’immagine dei due personaggi–simbolo, Hermann e Clarissa, che non si può solo spiegare con l’inevitabile appiattimento borghese che il loro successo ha determinato). Anche il quinto episodio, tutto incentrato su un personaggio che vi irrompe e vi finisce (Matko), riprendendo quel tipo di disegno che aveva fatto la fortuna di H2, non ha né lo smalto, né la capacità penetrativa del passato, nonostante lo sforzo (vano) di chiaroscurarne i due carattere principali (Matko e Ernst), la raffinata devianza del titolo (GLI EREDI: niente male per una parte quasi tutta incentrata su un personaggio che si riterrà erede di Ernst, salva la perentoria, asettica smentita finale mediante didascalia a chiudere) e il discorso storico sotteso al concetto di eredità (prevale la visione pessimistica nei confronti di una società che, superato il trauma della caduta del Muro e ricompattatasi, guarda con sospetto o livore i soggetti meno integrati e individualisti). Non basta un ultimo capitolo piuttosto coeso e drammaturgicamente più riuscito a dissipare i dubbi (il passaggio onirico in odor di Bergman è decisamente impacciato): Reitz, in HEIMAT 3,sembra compiacersi del quadro generale e muovere con meno sicurezza le pedine al suo interno (non mancando un’autocitazione - a Schabbach un cinema proietta HEIMAT – che sembra voler sottolineare come quest’opera sia diventata parte della recenta storia collettiva della nazione).
In HEIMAT 3, scritto dal regista a quattro mani con Thomas Brussig (che ha avuto soprattutto il compito di arricchire il coté orientale della vicenda) non mancano comunque momenti in cui il regista dimostra la solita maestria nella costruzione di immagini di altissima suggestione (la performance teatrale di Clarissa, il decollo degli aerei che lasciano le basi americane, molte scene corali) e la sua primaria volontà di registrare con la macchina da presa “il semplice fatto che una persona viva e respiri” e alterna, come nelle serie precedenti, il bianco e nero al colore: tale alternanza (che comunque scompare negli ultimi due film) non risponde a nessun sistema o principio particolare né tanto meno a ragioni drammaturgiche o di cronologia (il bianco e nero non segnala flashback, tanto per intenderci), l’assenza del colore ha la mera funzione di enfatizzare quei momenti in cui sembra nascondersi il seme di una possibile lettura mitologica dell’evento mostrato.
La saga avrà un seguito? Lo sguardo che chiude CONGEDO DA SCHABBACH, quello di Lulu sconfortata dall’incertezza del suo futuro e di quello di Lukas, il figlio, si evidenzia come un cambio di testimone che non potrà non avere uno sviluppo. Del resto: chi è la ragazza che si aggira per la festa e che lascia una misteriosa scatola d’argento sulla tavola? Molte strade restano dunque aperte, siamo certi che Reitz non mancherà di percorrerle.