Drammatico, Fantastico, Recensione

LES REVENANTS

TRAMA

I morti stanno resuscitando, hanno lasciato i cimiteri per ritornare in città: come reintegrare tutti questi redivivi nella società?

RECENSIONI

Non un horror ma un film psicologico questo di Campillo in cui, con ovvia metafora, il mondo si trova ad arginare un’ondata di “diversi” da reinserire (oltre al paradossale problema di elaborazione della loro resurrezione per amici e parenti): in famiglia, nel lavoro e in ogni sorta di contesto sociale. Lo spunto è curioso ma il problema sorge quando il regista tenta di dargli sostanza: la laconicità della sceneggiatura più che una volontà di evitare spiegazioni palesa un’incapacità di sviluppo, il tono austero da Tarkovskij in vacanza ha il compito di conferire serietà a un prodotto presuntuosetto che vorrebbe ossequiare con deferenza Romero e che al massimo si allinea a certi sceneggiati di fantascienza dei nostrani anni 70 o a un mediocre racconto di Jonathan Lethem.

Lazzaro, alzati e perturba!

Se Romero, al posto dell’allegoria della civiltà dei consumi, avesse focalizzato l’attenzione sui risvolti psicologici del ritorno dei morti, probabilmente sarebbe stato il primo ad affrontare il tema paradossale dell’elaborazione della resurrezione. E di sicuro sarebbe stato più efficace, meno prolisso ed inutilmente verboso dell’imberbe Campillo, che affronta l’argomento rispolverando cascami bergmaniani, cercando di collocare nel quotidiano il soprannaturale (di fatto “addomesticando” un adynaton) e senza rinunciare a ricorrere a stratagemmi da horror di serie Z per risolvere questioni apparentemente irrisolvibili e far contento anche il pubblico che di rovelli e complessi di varia natura ne ha piene le scatole (la fialetta sparata su questi zombie ibseniani è il più risaputo antidoto che mente umana potesse concepire). Atteggiandosi a filosofo delle pompe funebri, l’esordiente regista saccheggia con una spudoratezza e sfacciataggine incredibili idee e situazioni romeriane o carpenteriane (l’individuazione dei morti per mezzo di telecamere ad infrarossi ricorda gli occhiali da sole indossati dal protagonista di Essi vivono, le cui magiche lenti permettevano di denudare i capitalisti extraterrestri) mescolandole a tanta letteratura trash new age, nella vana speranza di nobilitarle (come se ce ne fosse bisogno). Il basso rimane tale e l’alto non è (ancora) le propre del giovane ambizioso.

Aridatece Romero!!!

"Quando non ci sarà più posto all'Inferno, i morti cammineranno sulla Terra". Recitava così la frase di lancio del famoso e ancora attuale film di George A. Romero sugli Zombi e il regista francese Robin Campillo (già co-sceneggiatore di "A tempo pieno") prova a cambiare il punto di vista e a trattare lo stesso soggetto con intenti innovativi. In pratica, un horror francese dal vago sapore intellettuale. Roba da darsela a gambe! In effetti il lungometraggio, dopo un inizio intrigante, attento ai risvolti sociali dei morti viventi e alla difficoltà di un loro reinserimento nella società (sono innocui ma non particolarmente vispi), spreca nel vuoto ogni possibile sviluppo e finisce per dilatare inutilmente i tempi. È proprio l'incapacità di una presa di posizione netta ad anestetizzare il film, che non vuole rinunciare al mistero (tutta la parte finale intrisa di impercettibili venature horror) e nemmeno alla problematica comunitaria, fallendo però entrambi gli obiettivi. L'iter narrativo si ripete, così, stancamente: una voce fuori campo aggiorna lo spettatore sulle scoperte scientifiche in relazione allo strano evento mentre le micro-storie su cui si sofferma la sceneggiatura procedono al rallentatore, con un forzato piglio sottotono che sembra voler smorzare con sciocco calcolo qualsiasi spunto spettacolare. Qualche trovata interessante ci sarebbe, come la fatica di accettare l'annullamento di un lutto ormai definitivamente superato, o come le difficoltà di affrontare i problemi concreti di un aumento improvviso della popolazione, ma gli interrogativi senza risposta si moltiplicano ad ogni inquadratura (cosa succede alle persone che muoiono? e ai morti che rimuoiono? gli zombi possono procreare? perché nessun vivente li interroga in modo approfondito? perché i vivi sembrano più zombi dei morti?) e tutta la parte finale si trascina inesorabile senza un chiaro e risolutivo punto di arrivo. Così, mortalmente annoiati, si finisce per giungere alle stesse conclusioni di Romero: gli zombi ritornano alle vecchie abitudini (là, più causticamente, il supermercato, qui, il posto di lavoro) e vagano inquieti (là, in cerca di carne umana, qui, di una non ben identificabile tranquillità). Che dire, è proprio il caso di urlarlo: aridatece Romero!