Drammatico, Recensione

L’ARCO

Titolo OriginaleHwal
NazioneCorea del Sud
Anno Produzione2005
Durata90'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Un’imbarcazione ospita un vecchio ed una ragazzina che non ha mai visto la terra. Lui la sposerà al compimento del diciassettesimo anno; ma lei incontra un ragazzo di città…

RECENSIONI

Cos'è l'amore in un mondo a parte? Qual è il confine con la perversione? HWAL attinge dal fondale mitologico, dopo SEOM pescando un'altra creatura marina, e si muove con la crudele levità della fiaba. Il film di Kim Ki-Duk è ormai frastagliato dal sottile vento della parodia: il mago coreano si diletta a seminare richiami alla brillante carriera (la ragazza che ingoia gli ami da pesca) salvo poi rovesciare situazioni, demolire certezze, uccidere il luogo comune. Anche stavolta il punto di origine è una manciata di elementi, oggetti con l'anima: un'imbarcazione fatiscente, un arco, frecce, una corda. Coltivando l'avvincente discorso sul fragore del silenzio (mai una parola tra il vecchio e la ragazza, se non bisbigliata all'orecchio; il grado zero della sceneggiatura, che si concentra sulla posa ripetuta e minimale), ma rompendo l'indugio con sarcasmo tutto orientale (nella seconda parte, l'unica vera battuta per dire che il vecchio è impazzito), HWAL scivola su una prima scena di lancinante bellezza (incastro supremo di elementi discordanti, gesti e colori) e ci introduce in un microcosmo sciamanico (vedi l'eremo di PRIMAVERA...) dolcemente sconvolto dal soffio del soprannaturale (la lettura del futuro, i simboli buddisti, la bufera); in antitesi con l'amore terreno (coatto o ricambiato? Tenero o maligno?) Kim incarta la patata bollente, nei dintorni della pedofilia, con la sua canzone di rimandi e dolci allusioni. Se la ciclicità del suo cinema è qui sconvolta per una dimensione sospesa (il calendario manomesso), se l'enciclopedia di simboli [l'atavico contro la tecnologia - il walkman (un ritorno, dopo SAMARIA) -, il pesce del desiderio e il gallo dell'amore] acquista nuove parvenze incantatorie, se il quadro figurativo al solito avvince e commuove, il regista si conferma soprattutto a livello narrativo: convertito ormai ad una violenza carsica e sepolta, apparentemente ripiegato sulla maniera (critica tanto ricorrente quanto fuorviante) porta il suo film rigorosamente da un'altra parte, il dramma non è mai stato così sofferto (il climax dell'ultimo vaticinio mi pare la miglior sequenza di 'pura tensione' degli ultimi anni) e l'amore - tra l'uomo e la bambina, i colori e lo sfondo, la cinepresa ed il mare - tanto travolgente. Adesso è chiaro: l'amatissimo FERRO 3, possibile punto di non ritorno, era soltanto l'inizio. Tante ancora le frecce al suo arco. Quando la fantasia è ormai completa su HWAL si rovescia la tavolozza dei colori, annega l'ovvio e questo gioiello si avvita su sé stesso per fornire una relazione anatomica sui possibili impieghi di una freccia. Si vorrebbe una scena di sesso ma è pura devianza sublime, che porta a dubitare della sanità mentale del suo autore.
Non è pazzo Kim Ki-Duk, è pazzo chi non lo ama alla follia.

Strength and a beautiful sound like in the tautness of a bow-
I want live like this until the day I die.