Drammatico

APNEA

TRAMA

Paolo, ex schermidore e ora cronista sportivo, scopre che il suo amico Franz, morto in circostanze poco chiare, era coinvolto in dirty pretty things._x000D_

RECENSIONI

La vita umana vale poco, nel Nordest sempre meno prospero e sempre più propenso a fregarsene di tutto quello che non sia guadagno: si vive in apnea e in apnea si muore, soffocati da vapori mefitici ma anche dalla nebbia, prigionieri di una finzione a più strati che nemmeno la morte riesce a incrinare. I bambini, chiusi nel loro silenzio, ci guardano. I ricordi incombono. La speranza sopravvive, forse. L'esordio nel lungo del documentarista Dordit (che esce nelle nostre sale tre anni dopo la sua realizzazione) non riesce in quello che tenta con ogni mezzo di fare: fondere la denuncia civile (alla Rosi) e l'analisi di un humus di provincia che strizza l'occhio a Germi e Chabrol. Il motivo? Vari difettucci da piccolo schermo che si mangiano ottime intenzioni e indubbie capacità [testimonate ad esempio dallo studiatissimo caos della sequenza iniziale, da certe inattese reticenze (Paolo al centro massaggi, l'ombra ambigua del prefinale) e dall'abilmente telegrafico scioglimento]. I personaggi sono abbozzati con mano sicura ma subito demoliti da dialoghi impresentabili (l'operaio, l'industriale "pulito"), le impressionanti luci fredde di Tommaso Borgstrom non fanno che sottolineare, per contrasto, la goffaggine di certi espedienti narrativi (la solita, stucchevole voce over), la cagneria degli attori (su tutti Santamaria in veste di vice-Accorsi e un ringhiante De Capitani, ma anche Fabrizia Sacchi non scherza - le sue urla inducono a rimpiangere la peggiore Buy -) fa il resto. Un bel tentativo con il fiato decisamente corto.
Abbinato al film il cortometraggio 3,87 di Valerio Mastandrea, elegia in chiave zavattinian-catodica per i morti sul lavoro. Nobile idea, scarso cinema.