Drammatico, Recensione

TUTTI I BATTITI DEL MIO CUORE

Titolo OriginaleDe battre, mon coeur s'est arreté
NazioneFrancia
Anno Produzione2005
Durata107'
Tratto dadalla sceneggiatura originale di Rapsodia per un Killer [Fingers] di James Toback

TRAMA

Tom combina affari sporchi in campo immobiliare: quasi per caso si trova a preparare un’audizione come pianista.

RECENSIONI

Un’esistenza di frenetica brutalità, lo spinoso rapporto con un padre letteralmente rimbambito, una svolta irragionevole che rivoluziona ogni prospettiva: tutto si riflette sulle dita nervose di Tom, che passano dalla furia insanguinata del recupero crediti alle armonie di Bach, imparando dalla maestria di Horowitz e dalla brusca dolcezza di una lingua misteriosa l’unica vera arte, la consapevolezza del peso delle proprie azioni. Audiard improvvisa su FINGERS di James Toback firmando una rapsodia autenticamente romantica sotto il maquillage modaiolo: il bello-e-dannato è un antieroe furibondo e spezzato, sperduto nel labirinto di una Parigi di cinerea cupezza, a stento rischiarata da un fantasma materno che vaga nella penombra della stanza da musica. La scrittura non è sempre all’altezza della messinscena (alcuni dialoghi, su tutti quello che inaugura il film, sono sciatta didascalia) e non mancano passaggi a dir poco pleonastici (la donna del collega, mero riempitivo che sfocia rapidamente nel nulla) ma DE BATTRE MON CŒUR S’EST ARRÊTé (Orso d’Argento per le musiche a Berlino 2005) sfoggia una levità rapinosa e un sorriso fra beffardo e sornione (la seduzione della bagnante, la figura di Chris) che gli permettono di evitare le trappole del romanzo di formazione a sfondo artistico con sottotesto di crisi dei trent’anni. Magnifici i duelli padre/figlio, in cui l’astro emergente Romain Duris (vagamente acerbo ma tutto sommato discreto) si scontra con Niels Arestrup, passato, rispetto a MEETING VENUS di Szabó, dall’altra parte della barricata che separa (almeno formalmente) le meschinità della vita dall’olimpo della musica.

Solo una considerazione: oltre la limpida trama, il girato dirompente, il minuzioso svolgimento (TUTTI I BATTITI è esempio sontuoso di come personalizzare materiale altrui), il film di Audiard devasta per il suo lato emozionale. Incubato nel crudele ossimoro di un contrasto lineare nasce Tom, personaggio indimenticabile, che nello squadernamento della vita quotidiana affronta in realtà una miriade di scene madri: gli scatti d’ira, il grugno e le stizzite incazzature si spengono negli incontri col padre, l’osmosi femminile e – soprattutto – il rapporto silenzioso con l’insegnante di piano. L’assenza del verbo è la coltre che si posa su un vissuto violento, ritagliando una nuova ipotesi di vita nell’acquario dell’arte, un alfabeto di fonemi incompresi – l’impossibile dialogo a due, trovata divinamente crudele – da riempire con la musica del vivere. Davvero il cinema del francese si fa rilevazione clinica di ogni singola pulsazione cardiaca, glorificando il dio dell’istinto, per imprimere così un ritmo costante di tensione e rilassamento (si badi alla costruzione delle scene), rude violenza e cauta tenerezza come l’azione del muscolo vitale. Il cuore soffre, ride, sanguina, esplode nell’incantevole finale dove il pianista non si vendica – ma è soltanto il fugace intervallo tra il battito precedente e quello successivo. Il cuore è il film stesso.