TRAMA
Un viaggio lungo 5000 Km. Storie di persone diverse che si incrociano.
RECENSIONI
Inizialmente pensavamo di fare un film unitario, poi le cose sono andate diversamente e ognuno di noi ha lavorato in autonomia seguendo una linea comune, rispettando stili e pensieri personali. L’idea di partenza è stata di Olmi, poi ciascuno ha lavorato separatamente con il solo impegno di far coincidere gli snodi drammaturgici in maniera che lo spettatore potesse seguire un’unica storia con molti risvolti.
Abbas Kiarostami
Tre registi per un treno: l’odissea di una famiglia albanese è il fil rouge di un mosaico d’itinerari in cui il percorso spaziale è indissolubilmente unito al vagabondare fra le pieghe del tempo. Il passato assume tinte fantastiche o emerge confuso da un’enigmatica rievocazione, il futuro splende davanti agli occhi come un sogno paradisiaco, il presente scorre monotono fra inquietanti segnali e presenze ingannevoli. Veicolo delle peregrinazioni (in ogni senso) sono i biglietti del titolo, che uniscono vite (per) sempre aliene, suggeriscono strade alternative, ristabiliscono (im)possibili armonie. TICKETS non è la somma di tre corti, ma un progetto coerente: un unico tema (il viaggio, consuetudine della contemporaneità e metafora esistenziale senza tempo) trattato da tre punti di vista inevitabilmente (e fortunatamente) diversi. Purtroppo, la differenza è riscontrabile non solo nelle angolazioni proposte dai tre frammenti, ma anche nei risultati, tanto che l’esito complessivo è tutt’altro che esaltante.
Narrando la fantasmagorica infatuazione di un professore per una segretaria appena sfiorata, Olmi cesella una ballata autunnale che, pur appesantita da suggestioni letterarie (la pianista immaginaria) e un fondato sospetto di maniera, esprime con sobria intensità e sommessa desolazione il dolcissimo soffrire del personaggio principale (un sorprendente Carlo Delle Piane, affiancato da Valeria Bruni Tedeschi, al solito radiosa), tratteggiando un microcosmo scosso da inequivocabili lampi di paura e diffidenza (la macchia di latte come sangue versato su una trincea o un confine), appena temperati da ponderatissimi slanci di umanità. Al cospetto di questo piccolo gioiello, le altre due storie hanno poco spazio e scarsi titoli per brillare. Kiarostami (che si dedica alle disavventure di un giovane e di un’indisponente signora) propone una situazione drammatica interessante ma dimentica d’indagarla, scaricando tutto il peso del frammento sulle spalle dei protagonisti (Filippo Trojano e Silvana De Santis, che si disimpegnano in modo ammirevole). Pessimo Loach (sui ragazzi scozzesi in trasferta sportiva), che, complici il fido Laverty e i giovani attori di SWEET SIXTEEN, predica l’importanza dell’altruismo infierendo sullo spettatore con un avvilente mix di lacrime premeditate e marachelle tardoadolescenziali: da rimuovere al più presto.
