Drammatico, Recensione

SOTTO LE BOMBE

Titolo OriginaleSous le Bombes
NazioneFrancia/Libano/Gran Bretagna
Anno Produzione2007
Durata90'
Montaggio

TRAMA

Libano, estate 2006. Il paese é in stato di assedio, le bombe piovono continuamente dal cielo. Un taxista accetta, dietro ricompensa, di accompagnare una donna, Zeina, nel sud del paese alla ricerca del figlio.

RECENSIONI

Philippe Aractingi gira una sorta di instant-movie in Libano. Subito dopo l'attacco israeliano contro Hezbollah nell'estate del 2006, infatti, il regista si è recato nei luoghi devastati con due attori e una storia da raccontare. Lei è una donna ricca, in crisi con il marito, che proviene da Dubai, dove è andata a vivere; torna in Libano per recuperare il figlio di sei anni affidato alla sorella. Lui è un taxista che accetta di trasportarla dietro lauto compenso nel sud del paese, quello più provato dalle deflagrazioni degli attacchi israeliani. La commistione tra la tragedia, reale, dei luoghi e delle persone (a recitare sono solo i due attori protagonisti, tutti gli altri - rifugiati, militari, giornalisti, religiosi -sono invece "veri"), e la storia, inventata, su cui si fonda la narrazione, non genera dubbi morali sull'utilizzo del mezzo cinematografico (come, ad esempio, in Redacted di Brian De Palma). Qui, infatti, fiction e realtà restano due entità divise e riconoscibili la cui compenetrazione non genera spaesamento e ambiguità, ma fornisce risposte. Vedere i bombardamenti e le terribili conseguenze distruttive che determinano e capire che non dipendono dalla bravura del mago degli effetti speciali, produce una sensazione di forte disagio e finisce per colpire più della storia in sé, in cui il dolore di una madre coinvolta suo malgrado in un conflitto assurdo trova consolazione nel tenero rapporto, prima di solidarietà e poi di affetto, che si instaura con un uomo, anch’egli provato dalla vita. Molto bravi entrambi gli interpreti, in particolare la bellissima Nada Abou Farhat, perfetta icona di dolcezza, sensibilità e determinazione in un mondo che pare avere smarrito le coordinate del buon senso. Le invenzioni visive non mancano, ma il regista fa ben pochi sforzi per andare oltre un catalogo, pregevole e prevedibile, di citazioni d'autore, che pescano da Cocteau (e Polanski) come da Hitchcock e Bunuel: con simile premesse, è inevitabile che le scene non oniriche appaiano, in confronto, alquanto sciatte, ma ben più interessanti a livello strutturale (molto intrigante, nel gioco metatestuale cui dà vita, la sequenza introduttiva, nella quale all'incipit del film fa da contrappunto la riapertura della casa al mare).  Non nuova, ma qui singolarmente efficace, l'idea di inserire in ogni scena una o più immagini acquatiche (il mare, un acquario, la pioggia), quasi a suggerire analogie tra il carattere cangiante dell'elemento mercuriale e le incertezze che ogni giorno tentiamo di occultare sotto la superficie della banalità. Se risulta sterile l'insistito e scontato parallelismo tra vita e letteratura (la lezione di Marie), sono più riuscite le fulminee corrispondenze fra alcune inquadrature (quelle davanti a due diversi distributori di caffè, ad esempio). Recitazione molto composta, quasi inamidata, con l'unica eccezione di Charlotte Rampling, magnificamente doppiata da Paila Pavese, che infonde al personaggio una toccante (e mai svenevole) dimensione umana, aggiungendo alla sua performance quel tocco di malinconica implacabilità che la rende assolutamente irresistibile.