Drammatico, Recensione

MADAME BUTTERFLY (1919)

Titolo OriginaleHarakiri
NazioneGermania
Anno Produzione1919
Durata80’

TRAMA

Il prete buddista vuole a tutti i costi che la giovane O-Take-San entri nel suo tempio e fa in modo che il padre commetta harakiri. Ma la ragazza s’innamora di un ufficiale danese e vanno a vivere in una casetta. Quest’ultimo va in Europa, promettendole di tornare, ma non lo fa.

RECENSIONI

Dato che i primi due film di Fritz Lang sono al momento perduti e che la seconda parte del più noto I Ragni uscirà solo l’anno successivo, questo può essere considerato il primo film completo disponibile del regista viennese su cui il produttore Erich Pommer nutriva grandi speranze. Se il melodramma non è proprio nelle sue corde, se Thea von Harbou non era ancora nel suo orizzonte creativo e un po’ di gavetta ci vuole per tutti, è anche vero che adattare il dramma teatrale di Pierre Loti e David Belasco (già in Madame Butterfly, 1915, diretto da Sidney Olcott), mettendo in scena il Giappone girando nei Paesi Bassi, gli permette di dare sfogo a quel lato fantastico ed esotico in seguito preponderante nella sua filmografia. Allo sguardo contemporaneo non salta all’occhio, ma nel 1919 vedere un siffatto mondo alieno prendere vita non era cosa da poco, e il lavoro di Lang è ancora più apprezzabile nell’essere realistico e veritiero, sobrio e rispettoso: frutto di un’esperienza diretta nel Sol Levante e della collaborazione del Museo Etnografico di Amburgo. Però non si può soprassedere sulla scelta di attori caucasici in panni orientali: non tanto come idea in sé, quanto sulla scelta degli attori. Lil Dagover non ha nulla di esotico e il più ridicolo è l’attore che interpreta suo padre, Paul Biensfeldt. Allo stesso modo, i cambi del racconto in sede di sceneggiatura fanno bene e male: Lang dà molto più spazio al monaco crudele, perché sarà sempre una sua ossessione dare ai film la figura malefica da combattere. Una figura che funziona e fa il film, insieme al suo servo doppiogiochista (l’amore per i trucchi criminali di Lang). Fare, però, del principe un uomo gentile e generoso, anziché un alcolizzato sciupafemmine, snatura molti motivi portanti del dramma. D’altro canto, O-Take-San, nel rifiutarsi a lui più volte, anche in modo scortese dopo che l’ha salvata in più di un’occasione, rende involontariamente la Butterfly una persona ottusa e infine odiosa, e il dramma dell’amore negato e tradito va, in parte, a farsi friggere.